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Il presepe, ovvero la rappresentazione figurata del momento della nascita di Cristo, è stato adottato per la prima volta da San Francesco e si è subito imposto in tutto l’occidente cristiano come la più caratteristica manifestazione della liturgia natalizia.
Tale tradizione, secondo alcuni studiosi contiene un simbolismo del tutto originale che nei vangeli canonici non è espresso chiaramente. In effetti i quattro evangelisti riconosciuti ufficialmente dalla Chiesa sono molto avari di notizie relative al luogo della nascita di Gesù.
Gli unici che vi fanno riferimento sono Luca e Matteo.
Nel primo leggiamo che Giuseppe e Maria si recarono a Betlemme per il censimento indetto dall’imperatore Augusto. “Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia perché non c’era posto per loro nella locanda.
Matteo invece si limita a un riferimento ancor più sintetico al riguardo: “Gesù nacque a Betlemme in Giudea, al tempo di Erode”.
Molto più precisi sono invece i vangeli apocrifi. Ad esempio il Protovangelo di Giacomo cosi recita:”Giuseppe trovò la grotta e ve la condusse dentro (Maria) lasciando presso di lei i suoi figli, ed egli usci a cercare una levatrice ebrea nel paese di Betlemme”.
Nel vangelo dello Pseudo Matteo leggiamo invece: “Un angelo apparve agli sposi. Fece fermare la giumenta, poiché era giunto il momento di partorire e ordinò a Maria di scendere dalla bestia e di entrare in una grotta sotterranea dove non vi era mai stata luce, ma sempre tenebre in quanto non riceveva la luce del giorno. Ma all’ingresso di Maria tutta la grotta cominciò a splendere e a rifulgere di luce quasi vi fosse il sole. La luce divina illuminava la grotta quasi fosse l’ora sesta del giorno, ed essa non venne mai meno né di giorno né di notte finchè Maria rimase là”.
Generalmente nei presepi moderni si utilizzano sia la ricostruzione di una grotta sia quella di una capanna ( che in fondo non è che la rappresentazione simbolica di una grotta). È importante notare che nel simbolismo precristiano la grotta è il simbolo del cosmo. Non per niente la natività di molti dèi si è svolta proprio in una grotta, come nel caso di Dioniso, Hermes, Zeus, Mithra. Inoltre molti culti dell’antichità si svolgevano in antri sotterranei come gli “spelea” del mithraismo, o le grotte di Dioniso in cui gli adepti venivano condotti e sottoposti a particolari rituali iniziatici.
Anche la presenza dei pastori nel presepe ha molto probabilmente un significato simbolico. Essi rappresentano l’atto del vegliare, la coscienza sempre vigile, le anime dei saggi che contemplano i misteri del cosmo.
Vi sono poi due elementi caratteristici del presepe che però nei vangeli canonici sono assenti. Si tratta del bue e dell’asinello che pure tutti conoscono e le cui figure sono essenziali nella scenografia di qualunque rappresentazione della Natività.
Ne troviamo traccia ancora una volta solo nei vangeli apocrifi. Nello Pseudo Matteo si legge infatti il seguente passo: “Maria usci dalla grotta ed entrò in una stalla; mise il bambino nella mangiatoia, e il bue e l’asino l’adorarono. Cosi si adempi ciò che era stato preannunziato dal profeta Isaia che aveva detto: “il bue ha riconosciuto il suo proprietario e l’asino la greppia del suo padrone”.
Infatti questi animali una volta che Egli fu in mezzo a loro, lo adorarono senza posa”.
Vi sono diverse interpretazioni a proposito del bue e dell’asinello. Secondo lo Pseudo Matteo si tratta di una metafora per indicare i fedeli che riconoscono e adorano il Cristo. San Girolamo invece sosteneva che l’asino rappresentava l’Antico Testamento mentre il bue il Nuovo. E, ancora, Eucherio di Lione e Isodoro di Siviglia vedevano nell’asino la rappresentazione dei pagani e nel bue quella del popolo eletto.