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Esperimenti condotti dal sottoscritto
a cura del Dott. Nicolò Schepis.
Vorrei iniziare quest’articolo con un’interpretazione illuminate del famoso fisico americano Fritjof Capra sulla nuova scienza:
” La questione sarà quindi la seguente: può esistere una scienza che non si fondi esclusivamente sulla misurazione? Una comprensione della realtà che non includa qualità ed esperienza? E possa nondimeno essere definita scientifica? Io credo che una tale comprensione sia, in effetti, possibile. La scienza a mio giudizio non deve essere ristretta necessariamente a misurazioni ed analisi quantitative”. Fritjof Capra
Non tutta la realtà – anzi preferirei parlare di diversi piani di realtà – ma solo una sua parte risponde alle indagini sperimentali di tipo galeliano, non sempre la fenomenologia degli eventi è ripetibile, investigabile secondo i criteri della scienza classica. La differente caratterizzazione di alcune fenomenologie più insolite, che appartengono a leggi diverse forse non computabili, rende molto più complessa la ricerca. Esiste una gamma di fenomeni che non risponde alle tradizionali sperimentazioni galeliane, tuttavia tali fenomenologie esistono; non è possibile liquidarle con un’estrema facilità, come vorrebbero alcuni ostinati razionalisti. ” La teoria quantistica ha modificato in misura considerevole la concezione classica della scienza, rivelando il ruolo cruciale della coscienza dell’osservatore nel processo di osservazione e invalidando in tal modo l’idea di una descrizione obiettiva della natura”. Fritjof Capra.
Esistono dimensioni ancora più sfumate: quelle dell’anima, che sono più sottili e profonde del mondo fisico! Per la comprensione di certe fenomenologie trascendenti, necessitano codici nuovi; la realtà è multiforme, ogni sua parte ha un linguaggio proprio e risponde unicamente alle sue leggi.. Già W. Heisenberg in tempi lontani, analizzando la struttura subatomica della materia si era imbattuto in problemi simili.
” I problemi del linguaggio sono qui veramente gravi. Noi desideriamo parlare in qualche modo della struttura degli atomi … Ma non possiamo parlare degli atomi servendoci del linguaggio ordinario”. W. Heisenberg
Nonostante non sia plausibile utilizzare una metodologia classica sulla fenomenologia transtrumentale, è stato possibile nel mio caso isolare alcune variabili a valle del fenomeno descrivendole nelle loro tipologia. “Una vera scienza della coscienza si occuperà di qualità più che di quantità, e si fonderà su un’esperienza condivisa più che su misurazioni verificabili”. Fritjof Capra
Strumenti adoperati, modalità di controllo e di sperimentazione per una corrispondenza tra l’ esistenza mortale e la vita delle anime.
Fase di Registrazione.
Registrazione computerizza su bande di frequenza ad onde corte di emittenti straniere.
Strumenti digitali:
Si utilizzano programmi audio – fonici con sistemi di modificazione della scala del tempo, analizzatori di frequenza, correzione del pitch, processori di dinamica con la possibilità di variare la durata dell’attacco, del rilascio del suono, amplificazioni digitali, con uso del loop per l’ascolto e il controllo dei frammenti fonetici, indicatori di livello, analizzatore di spettro, analisi dei disturbi, filtri vari con profili di riduzione spettrale. Il materiale fonico è sottoposto alla pulizia dei disturbi, al restauro delle voci e dei vari processi di miglioramento.
Analisi statistica dei risultati ottenuti:
Tempi di ricezione metafonica valutabili con una media di 30 secondi d’ascolto per volta, con deviazioni standard di circa 15 secondi.
Le voci ottenute presentano una percentuale molto alta di nomi familiari all’interlocutore: voci sia parentali, sia d’amici scomparsi che si presentano per nome, come se gli eventuali esseri immateriali rispondessero a delle interviste, spesso si presentano firmati simbolicamente dalla voce che è stata evocata, ( pronuncia del proprio nome talvolta accompagnato dal cognome con riferimento al nome dell’interlocutore o di un familiare. ). Solitamente le voci si presentano per richiesta con risposte conformi alle domande dell’interlocutore
File vuoti:
Accade diverse volte che i file metafonici registrati siano semanticamente vuoti, cioè non serbino alcun messaggio informativo presentando, soltanto, rumori di fondo e voci radiofoniche straniere il cui senso non ha alcuna pertinenza .
Qualità delle voci:
La qualità della voce è nei limiti del riconoscimento fonologico di chi ascolta. Le voci metafoniche essendo atipiche, presentando una scarsa densità spettrale delle formanti fondamentali, quest’aspetto le rende anomale distinguendole dalle voci radiofoniche che sono, invece, timbriche con alta densità di spettro nelle formanti fondamentali. Dalle analisi di laboratorio sembrerebbe che le voci metafoniche non siano prodotte dagli organi fonatori dell’essere umano. Tali voci si presentano meno comprensibili rispetto a quelle umane, tuttavia, attraverso programmi computerizzati con adeguati filtri di riduzione del rumore di fondo, idonei sistemi di filtraggio e restauro dei segnali deboli e sporchi, è possibile intenderle in maniera soddisfacente. Nondimeno, per alcuni segnali esageratamente deboli e molto sporchi con scarsa timbricità, non è stato possibile concretizzare alcun restauro elettronico soddisfacente attraverso i sistemi di filtraggio digitale, poichè tali voci si presentavano alla fine del lavoro di pulitura elettronica parzialmente interpretabili ad un orecchio ben educato ed allenato. Tali file sono stati volutamente scartati, ho voluto evitare il miraggio di un’interpretazione psicolinguistica. Si potrebbe correre il rischio di ritrovarsi a fare i conti con una aberrazione percettiva dovuta all’ingenua decodificazione di cellule foniche rumorose e casuali che presentino alcune caratteristiche di ritmicità, scambiabili per una voce irregolare atipica. Questi rumori interpretabili come voci o voci mancanti di alcune parti morfologiche necessarie alla decodificazione significativa del senso, potrebbero risuonare nella psiche come se fossero significative. I fonemi inesistenti potrebbero essere ricostruiti proiettivamente dalla mente di chi riceve, la quale produrrebbe illusoriamente le parti mancanti; in tal caso si percepirebbero falsi costrutti. Le voci metafoniche ottenute sono state testate attraverso un confronto sia con persone che posseggono una discreta abilita discriminativa nel riconoscimento timbrico, sia con persone inesperte. I risultati ottenuti si possono considerare soddisfacenti.
Analisi di laboratorio:
Alcune voci sono state inviate a Bologna e sottoposte ad analisi di laboratorio da uno perito fonico il sig. Daniele Gullà. Il quale dedica molto del suo tempo ai fenomeni di Transcomunicazione Strumentale, (presunte voci paranormali) e video (presunte immagini paranormali). Si occupa d’elettronica, spettrografia UVAR e d’elettroacustica. Collabora, sia con le forze dell’ordine, sia con i tecnici del tribunale per le analisi forensi di tipo biometrico (riconoscimento vocale e identificazione antropometrica). Inoltre, coopera con il Dipartimento di Biofisica dell’Università di Bologna e con l’A.I.M.N. (International Accademy of Natural Medicine). Scrive da diverso tempo su giornali parapsicologici partecipando come relatore a molteplici convegni e trasmissioni televisive. Ha realizzato il corso biennale per ricercatori nel Centro Studi Parapsicologici di Bologna dove è impegnato nelle attività del Dipartimento di Ricerca.
Dalla verifica e supervisione specialistica si è constatato che gli effetti delle formanti fondamentali presentano una scarsa densità spettrale, sembrerebbe che sia assente l’organo di fonazione, mancherebbero gli effetti di risonanza della cavità. laringo – faringea, come se la voce non fosse di provenienza umana.
Ecco quanto riferisce il sig. Gullà su un’analisi spettrale di una presunta voce della mamma che chiamava suo nipote Antonio mio figlio: “Le invio un grafico dell’analisi della voce “Antonio” dove si può notare la scarsa densità spettrale delle zone formantiche”. L’analisi digitale nell’evidenziare “la scarsa densità spettrale delle zone formantiche conferma questa caratteristica anomala.
Caratterizzazioni fono – prosodiche
Un’altra caratterizzazione che ritengo apprezzabile è la struttura ritmica e soprasegmentale del linguaggio vocale. Si sono ricevute voci con elementi fono – prosodici che manifestano forme dialettali siciliane e in qualche caso voci che clonano i modi di parlare della persona estinta, dove è stato possibile comparare più volte la presunta voce del sig. Antonino Schepis mio padre (quella metafonica) con la sua voce registrata quando era in vita, le due voci presentano delle correlazioni molto interessanti e strutture similari nelle modalità dinamico – cadenzali, in alcune strutture vocali, nelle cesure e nella compagine degli accenti ritmici. La voce enuncia: “Ti abbracciamo mamma e papà”. E’ stata realizzata su mia richiesta dal sig. Gullà un’analisi comparativa di laboratorio, tra la voce di mio padre in vita e quella metafonica, ecco quanto mi comunica il sig Gullà:
“Gentile Dr.Nicolò,
ho esaminato le voci che mi ha inviato e confrontate con la voce in vita di Suo papà. Visto l’esiguità del materiale fonetico disponibile (in riferimento alle voci paranormali), non mi è stato possibile applicare una metodologia di analisi statistica di tipo parametrico come quello di Hotteling o il tipo decisionale Bayesiano, il numero delle occorrenze è troppo basso. Ho eseguito comunque un’analisi delle aree di dispersione, del pitch e del Fluency Speech. Su quest’ultimo dato, pur essendo frasi di contenuto differente, è emersa una coincidenza a mio giudizio significativa: percentuale coincidenza pari al 82%!!! T’invio a tale proposito uno screen-shot di visualizzazione dell’analisi in formato gif. Direi niente male! Insomma non siamo sicuri che sia proprio Lui, ma è probabile che lo sia”! Cari saluti,
Daniele Gullà.
Alcuni aspetti psicologici delle voci:
Le risposte ricevute sono state coerenti alle domande poste dall’interlocutore.
I parametri semantici di qualsiasi comunicazione che richiedono una relazione conseguente e concorde e logicamente congruente, tra due interlocutori sono stati confermati nell’80% delle comunicazioni metafoniche effettuate dal mese d’ottobre 2002 al mese di Giugno 2003.
Per quanto riguarda il corpus delle risposte che deviano dalla domanda del trasmettitore, posso affermare che alcune di esse sono dei condensati semantici polivalenti del senso, ( es: io sono l’equilibrio e la fine), altre prospettano effetti differiti da ciò che l’interlocutore si aspetterebbe, ma, nondimeno, presentano risposte originali e connesse al contesto relazionale, con un evitamento intelligente di una risposta ovvia. La presunta intelligenza invisibile manifesta un effetto sorpresa in chi attende la risposta, una strategia personalizzata da parte dell’interlocutore invisibile per affermare la propria esistenza.
Generalmente quasi tutti i messaggi che apparentemente non si conformano alle aspettative del ricevente, presentano una caratterizzazione psicologica. Elenco alcune risposte impreviste, ma sorprendenti. Provo a salutare mia zia Concettina. Zia mi saluti? riposta: Un saluto me lo dai tu? Mi sarei aspettato come risposta un saluto. La zia proferisce: “Ti amo”. Non essendo certo che fosse lei chiedo: “Puoi ripresentarti e dire il tuo nome? – Risposta: “Sono passata pochi minuti fa! Evitamento della risposta diretta, mi sarei aspettato: si sono io, o sono Concettina, come aveva fatto altre volte. Domanda metafonica successiva “Grazie zia per avermi detto ti amo”! – Risposta inusuale, ma semanticamente coerente ed inattesa: “Antonio sei tu”? Antonio è mio figlio. Questa risposta inaspettata caratterizza un atteggiamento psicologico del messaggero invisibile, un tentativo originale per dimostrare la propria esistenza.
Descrizione narratologica tra due realtà o piani diversi d’esistenza.
Iniziai ad occuparmi di metafonia dopo la morte dei miei genitori, intrapresi un cammino tra due realtà o piani diversi d’esistenza, le nostalgie che tenevo strette al cuore come un bimbo al seno della madre si fecero carne, carne del pensiero, sebbene fossero vaghe quanto i sogni, aleatorie come l’aria. Rammento un giorno d’autunno del 2002, ero triste, sfilacciato come un nastro malconcio, tutto sembrava insapore e intangibile intorno a me. Nella mia stanza ubicata al quarto piano di un fabbricato in mezzo a tanti palazzi erano assenti i colori d’autunno quelle mutevoli dissolvenze: tinte infiammate solo per poco e sfumate nel vento, toni di luce rosa turchino e cera quasi spente come in una festa scarna d’addio.
Venivano meno le ombre sui tappeti verdi e ingialliti dei monti, le macchie sfumate: bufere, folate nel sole, ed ancora chiazze di nuvole sparse qua e di là e spruzzi d’aria tra la brina. Nondimeno, in quella stanza al quarto piano con una apertura che mostrava agli occhi un orizzonte striminzito di edifici, la mia anima si innalzava verso spazi inconsueti.
Meditavo e attendevo l’occasione di spezzare l’angusto filo che trattiene la vita alle vibrazioni più alte, d’inoltrarmi in punta di piedi verso, dimensioni più sottili, piani vibrazionali eterei e profondi. Era notte fonda, le vie erano turbinate dal miagolio dei gatti randagi, un silenzio sovrumano avvolgeva quasi i miei pensieri e le pareti vuote senza quadri della stanza che abitavo, fu allora che decisi di provare, tentare un contatto con dimensioni più trasparenti.
Esisteva da molto tempo una pratica che si chiamava metafonia e consisteva semplicemente nel porre domande rivolte ad invisibili interlocutori, attraverso una metodica di registrazione, possibilmente, usufruendo di una radio sintonizzata su frequenze straniere ad onde corte. All’ascolto si rilevano, talora, voci che provengono chissà da dove, da quale luogo, forse da un falso vuoto che non è più un spazio o forse presenze d’energie sconosciute, (nè di natura gravitazionale o elettromagnetica, nè misurabili, nè quantificabili secondo modelli galeliani) che interferiscono sulle formanti delle voci rimodulando le frequenze.
Le voci metafoniche, non hanno niente in comune con le normali trasmissioni radiofoniche, la loro struttura formantica si differenzia il più delle volte per la scarsa densità spettrale ed, inoltre, si presentano come se fossero prodotte da intelligenze immateriali che rispondono, alle domande preposte dall’interlocutore. Quando ero adolescente mi affascinava il mistero, anzi mi rapiva nella sua purissima gioia; ma dopo la morte dei miei genitori qualcosa di rilevante cambiò in me, la gioia si trasformò in dolore, ma il senso della ricerca non si estirpò dal mio cuore.
Ricordo l’autunno del 2002, quando decisi di iniziare la pratica metafonica, utilizzando il computer per la sua affidabilità e possibilità di controllo rispetto al registratore; nonostante i miei slanci emozionali, mi rendevo conto di quanto potesse essere fallace ed inconsistente ciò che mi apprestavo a fare, ma qualcosa di più intenso sospingeva la mia anima, probabilmente una mano segreta, o la semplice curiosità del sapere, del capire il senso della vita o il dolore per le gravi perdite subite: non saprei!
Da quel momento iniziai un cammino del tutto nuovo, non avrei mai immaginato i risultati conseguiti. Avevo seguito da vicino la pratica transtrumentale, osservando come operava la signora Adriana Scaficchia, una bravissima metafonista veneziana dal cuore nobilissimo, animo instancabile; aiutava tutte quelle persone colpite dalla perdita di un loro caro. La signora Adriana aveva ottenuto, usufruendo soltanto di una radio a onde corte valvolare ed un registratore risultati a dir poco straordinari. Dopo un anno di intesi scambi d’opinioni con la signora Adriana e sporadici incontri considerando la distanza geografica che ci separa, mi proposi di iniziare empiricamente la ricerca, occorreva provare, sperimentare e verificare; sottoporre dopo, ad una attenta analisi i risultati ottenuti, confrontare le voci con altri ricercatori. Iniziai con una coppia di genitori del mio paese, li conoscevo da tempo, avevano perso un figlio che si era suicidato, non si davano pace, parlando con loro ne avvertivo le profonde lacerazioni, mi apprestai a telefonare invitandoli a partecipare ad una sperimentazione metafonica.
Entrambi genitori furono contenti e non tardarono a venire. Ricordo ancora quella sera fatidica, quando si posizionarono vicino a me con trepidazione, la Signora… al mio fianco sinistro, il Signore… al mio fianco destro. Dopo essermi sintonizzando sulle S.W. invitai la Signora ad aprire il contatto con il figlio. Cominciammo, così, a registrare.
Prima ancora che la signora iniziasse a parlare al microfono, il figlio aveva già risposto, ma ancora non sapevamo nulla, soltanto in seguito durante la fase d’ascolto potemmo appurare le meraviglie, giacchè il giovane si presentò subito con il suo nome: “Luca”.
Intanto mentre la signora pronunciava le parole: “Ciao Luca” il figlio rispose sovrapponendo la sua voce a quella della madre con qualche brevissimo ritardo nel senso che la sua parola cominciò quando la signora aveva quasi terminato di dire Ciao. “Sto con te” disse Luca; la signora era ignara di quanto stava accadendo e proseguiva con tristezza e malinconia il suo discorso: “Grazie di questa serata” disse rivolgendosi al figlio, il quale non tardò a risponderle: “Splendida serata” affermò Luca, intanto la mamma proseguiva: “domani è il tuo onomastico ed io vorrei farti gli auguri e chiederti se posso fare qualcosa per te” La voce di Luca si sovrappose come il controsoggetto in una fuga di Bach rivolgendosi questa volta al padre: “Dolce papà, dolce serata” Il papà era quasi immobile, silenzioso, mentre la moglie registrava il suo discorso. La signora poi disse al figlio con una voce dolcissima: “Ti voglio bene”, e Luca le rispose come in un duetto d’amore: “mamma e papà, vorrei ricordarmi tesoro”. Il figlio proseguì il discorso, mente la madre aveva già concluso: “Come ti sei trovata tu e Papà, mi hai pensato? Mamma e papà… Dai, dai tu mi hai pensato… Bravo a Papà”.
Dopo aver ridotto i disturbi attraverso le varie tecniche computerizzate ed equalizzato i vari toni della voce metafonica di Luca ascoltammo la risposta del figlio, già usufruivo di tre programmi adatti alla ricezione ed alla pulitura dei segnali deboli, nonché al restauro delle voci metafoniche, utilizzando una scheda d’acquisizione audio sound Blaster. Inoltre, potevo selezionare qualsiasi frammento vocalico, equalizzarlo, verificarne l’attacco, il sostegno, i tempi di rilascio del suono, agire sulla correzione del tempo: parametri che mi permettevano un controllo capillare su tutto il materiale fonico. Non ebbi parole da aggiungere. Riprovammo il contatto e Luca si ripresentò proferendo le seguenti parole: “Ciao Luca… Tuo figlio… Luca C’è”.
Valutando i risultati conseguiti decisi di proseguire la sperimentazione metafonica, ne valeva proprio la pena. Una mattina d’autunno incontrai un’amica con la quale solevo dissertare sui misteri ancor irrisolti della scienza, quel giorno mi raccontò di un suo fratello scomparso da recente, non aveva elaborato il distacco, sentiva un nodo alla gola e non riusciva a sciogliere quel nastro di sconforto.
Gli parlai della metafonia, dei suoi prodigi e discutemmo per quasi un’ora parlando dei limiti e al tempo stesso delle possibilità che questa disciplina metafisica potesse offrire all’umanità. Gli raccontai l’esperienza metafonica di pochi giorni fa, mi rispose: “Non è possibile! Stai scherzando”?
Gli confermai che era tutto vero, stavo per congedarmi da lei quando mi chiese se potevo contattare il fratello scomparso, le risposi che avrei tentato, ma non promisi niente, anche perché, nonostante tutto ci credevo poco, malgrado palesassi molto entusiasmo per gli esiti conseguiti, nonostante tutto mi sembrava un non senso.
Ricordo quando mi apprestai a contattare il fratello della mia amica, era notte, accesi la radio sintonizzandomi sulle onde corte, ero ancora poco attrezzato, avevo semplicemente un microfono collegato al PC. provai a tentare il contatto.
Giunse una voce che subito fu assorbita dal rumore di fondo, ma con l’ausilio dei filtri mi fu possibile decodificarla. Inizialmente mi spaventò; era sospirata proferendo frasi apparentemente sinistre ed incomprensibili: “E’ morta, ma ti assicuro non è cosi” alla fine mi esortava ad aiutare la sorella.
Dissi fra me e me che quella frase non aveva alcun senso logico, l’unico significato plausibile che potevo attribuirle era il riferimento alla sorella quello di darle aiuto, anche perché in quel periodo la vedevo depressa, non aveva ancora elaborato il lutto per la dipartita del fratello.
Alla fine preferii credere che fosse stato un messaggio aleatorio dovuto alla casualità. Chiusi il computer e mi misi a letto un po’ intimorito. La mattina seguente telefonai alla mia amica per raccontarle quanto avevo rilevato dal tentativo metafonico della notte, ovviamente, un messaggio molto aleatorio, semanticamente quasi inconsistente, anche se inquietante. La mia amica rispose, prima ancora che le proferissi i contenuti del contatto notturno, disse piangendo con una vocina fioca che gli era morta la mamma improvvisamente, ma volle che leggessi ugualmente il messaggio. Fu in quel momento che compresi la straordinarietà del contenuto apparentemente sconnesso: “E’ morta, ma ti assicuro non è cosi”, Come se la morte della mamma fosse stata solo un’apparenza’ un aspetto virtuale nella nostra realtà: un’ologramma tra le dimensioni. Quella mamma era morta solo per noi, la sua coscienza si era teletrasportata come un’immagine che riflettendosi tra più specchi assume via, via caratterizzazioni diverse.
Prosegui la mia ricerca, in seguito, pensai a mia zia Concettina, una sorella della mamma che non conobbi mai, poiché morì giovanissima e molto prima che io nascessi: carezzevole il suo sguardo, gli occhi profondi come la notte, i lineamenti del volto immacolati, due guance come le curve dell’onda; labbra profonde e delicate come un riverbero del sole tra la brina. La sua immagine riposta in un cassetto sembrava dissolversi in un turchino tra nuvole cosparse al vento. I capelli corvini appena mossi e ben cadenzati sulle spalle esibivano allo sguardo una pelle bianca immacolata.
Ricordo una mattina, quando mi alzai molto presto, ancora le stelle non si erano sciolte nell’aria, ne liquefatte nel sole che esitava a levarsi; tutti dormivano, rammento che feci appena un sospiro e mi sintonizzai su frequenze straniere come è solito fare per le transcomunicazioni.
Il computer era acceso, quando dissi incidendo con il microfono:” Concetta se ci sei presentati” mentre il computer registrava dalla radio. Riascoltai quasi subito e mi accorsi che dai disturbi radiofonici e da un discreto contenuto di rumore, una voce atipica, femminile si distinse dal fondo. la voce rispose dicendo: ” Nicola sono Concettina”. La zia si chiamava Concettina e non Concetta, ma io al momento della domanda non pensai affatto a questa sottigliezza.
Il suo senso mi lasciò perplesso, selezionai sia le consonanti, sia i suoni vocalici, ascoltando con attenta differenziazione fonema per fonema, ma le combinazioni fonologiche erano proprio quelle; chissà pensai tra me: ” insolito sincronismo, una combinazione casuale stupefacente”! Sospinto dalla curiosità il giorno seguente provai un nuovo contatto metafonico, chiamai un’altra mia zia che si chiamava Fortunata morta all’età di 6 anni più di 80 anni fa, volevo verificare se l’evento del giorno precedente, fosse stato soltanto una coincidenza statistica straordinaria, un sincronismo miliardario o un fatto inusuale, ma autentico: Pensai ancora tra me e me: “e poi se fosse davvero una coincidenza come la mettiamo con le precedenti transcomuncazioni”? Non sapevo cosa dire o pensare!
La zia Fortunata era una bimba dolcissima, dallo sguardo tenero, strappata dalla morte nell’età più bella, i suoi occhi riposti in una antica fotografia dai colori un po sbiaditi parlano ancora di lei; era stata dimenticata dal mondo, giacche in questa ridicola corsa sfrenata o passeggiata vitale nessuno più la ricorda; qualche fiore sbrigativo per il giorno dei morti, forse per mettere a tacere la coscienza e poi basta. Io l’incontrai nei racconti della mamma, quando descriveva i suoi trastulli insieme alla sorellina, i giochi infantili, i risolini timidi di Fortunata per i noccioleti e poi le sue grida di dolore, strazianti prima di morire, quando la testa sembrò che le andasse in pezzi tra le mani. Adesso che anche la mia mamma è volata via come una rondinella, nessuno più conserva il ricordo di Fortunata; il tempo, il tempo come il vento nella sua corrente, nella sua leggerezza mutevole ed infinita, ora lascia una traccia, ora si perde l’impronta.
Ricordo , era già mattina, fuori era ancora buio, accesi il computer e la radio quando dissi: “Zia Fortunata se puoi dire il tuo nome”. Non fu necessario utilizzare le moderne tecniche di filtraggio automatico che la voce sopraggiunse come quella della zia Concettina chiara, forte proferendo le seguenti parole: “Zia Fortunata anima tua”.
Nonostante fosse atipica per la sua scarsa densità spettrale nelle formanti fondamentali, la sua timbricità era perfettamente udibile. Ripresi immediatamente il contatto metafonico e quasi per scherzo salutai la zia Concettina, lei mi rispose subito chiedendomi a sua volta di salutarla, piuttosto che attendere il suo saluto, una risposta insolita, direi perspicace ed ironica, riprovai ancora una volta domandando paradossalmente alla voce misteriosa se la zia esistesse davvero, la risposta non si fece attendere: “Sono qui, guarda che ci sono”!
In quei giorni la vita mia fu travolta da questa sconcertante ipotesi dimensionale sulle possibili realtà, tuttavia continuai ad essere incredulo, perplesso, esitante, pensavo che, nonostante tutto, non avesse senso quello che stavo percependo”. Nei giorni seguenti chiamai mio padre, la mamma, il nonno, e tutti mi risposero tranne mia madre, lei restava silenziosa, assente, non riuscivo a comprendere questi suoi silenzi.
I pensieri e i dubbi, le incertezze ripresero a serrarmi la mente come in una morsa. Ma un pomeriggio di Novembre qualcosa di singolare e stupefacente avvenne, mi sedetti accanto al computer, ero melanconico, la mamma mi mancava oltremisura, avevo tanta nostalgia di lei, della sua voce, dei suoi sguardi, ero certo di non poterla più vedere, rammentai il suo conclusivo abbraccio, le sue ultime carezze.
Mi tornavano anche le tante amarezze, le incomprensioni, in quel momento preso dallo sconforto pensai di non essere stato abbastanza amato da lei, intanto, mentre i pensieri si affollavano tenevo il braccio sinistro sospeso come se cingessi qualcosa e nel frattempo borbottavo al microfono del computer parlottando. Quando mi accorsi di essere in registrazione chiusi all’istante la radio, stavo per annullare l’incisione non salvando il file, ma volli riascoltare per un attimo e mi accorsi con stupore che sulle mie parole si era sovrapposta una voce femminile molto intensa e pulita, che si disgiungeva dal rumore di fondo. Forse era la mamma. La voce diceva: “Porta la mano c’è mamma, ti prego ama”. Rispondeva così, proprio in quel momento che avevo pensato di non essere stato tanto amato da lei. Un sincronismo raro direi per essere considerato un casualità statistica! Inoltre, avevo mosso il braccio sinistro inconsapevolmente inarcandolo come se accogliessi un volto, la risposta sembrerebbe anche in questo caso molto inerente: “Porta la mano c’è mamma”. Mi misi a piangere, per fortuna ero solo a casa, potevo così dare sfogo ai miei sentimenti.
Provai a richiamarla e lei si ripresentò anche questa volta con il suo nome cadenzato in siciliano, non disse Angelina, ma: ” Mamma Ancilina” come la chiamavano al suo paese d’origine.
Volli uscire, quella stanza mi stava troppo stretta, avevo bisogno di respirare l’aria del mare, fuori dai palazzi, sopraggiunto nella spiaggia guardai le nuvole nel vento come fuscelli indefiniti, mentre dall’altra parte la strada era infestata di macchine, quella parte di terra sozza di rumori, sembrava appannare quanto mai la bellezza delle acque, l’onda lieve e soave dei flutti, i monti sopra il golfo avessero rivelato. Proprio li al crepuscolo tra quei colori in dissolvenza ne avvertivo l’odore, la presenza dell’assenza di mia madre.
Da quel momento la pratica metafonica acquistò una rilevanza notevole per la mia vita.
I giorni trascorsero ed io e la zia Concettina intrecciammo sempre di più le nostre esistenze come in un ballo vorticoso, tra l’altro migliorai la mia attrezzatura metafonica, non registravo più con il microfono, ma inserendo direttamente la radio al computer tramite un miscelatore.
Le domande il più delle volte le ponevo con il pensiero, in ogni caso non le registravo più. La voce di Concettina giungeva puntuale, nonostante, talvolta, i disturbi e il segnale basso sembravano comprometterne l’ascolto, ma attraverso le tecniche di filtraggio, di equalizzazione, dilatazione del suono e di pulizia dei rumori, ne potevo esaltare gli aspetti essenziali per una corretta decodificazione.
Concettina rispondeva ai pensieri, alle domande con precisione e determinazione. La sua voce era soave come quella di un angelo, mi sentivo leggero avvinto dalla sua bellezza, dalla sua energia, un giorno disse come per consolare la mia tristezza : “Sono qui, la mia anima è sempre con voi”. L’otto Dicembre feci un contatto metafonico, volevo soltanto porgerle gli auguri d’onomastico, mi resi conto solo più tardi di quanto fossi stato mediocre e banale.
Da principio ascoltavo soltanto voci radiofoniche in arabo, poi disturbi di fondo sempre più frequenti e di alto disturbo. Di tanto in tanto c’era qualcosa di diverso, ma il segnale era troppo debole. Provai a chiamare il nonno, poi il papà, la mamma, ma non ricevetti alcuna risposta, quando tutto sembrò vano ed inutile, pervenne all’improvviso una vocina che mi disse: “Scusaci mio Nicola”. Era forse la zia Concettina, il contatto si era nuovamente riaperto.
Passarono i giorni e arrivò Natale, avevo smesso di tentare nuovi messaggi: usuali dubbi, solite perplessità ritornarono.
Ricordo il 28 dicembre quando riaccesi la radio sintonizzandomi come sempre sulle onde corte, e iniziai la fase di registrazione al PC. Inaspettatamente sopraggiunse un messaggio d’amore, c’erano due voci che emergevano : la prima era femminile, la seconda maschile. Voce femminile; “Concettina ti do tanti bacetti, ti ha rispettato”
Probabilmente si riferiva a mia madre. Voce maschile: “T’abbracciamo mamma e papà”. Nella voce di mio padre questa volta si rilevarono le strutture fonoprosodiche del suo dire, persino alcuni tratti disfonici della voce si evidenziarono con chiarezza dal confronto della voce metafonica con quella di quando egli era in vita. Fu uno evento davvero straordinario: la voce metafonica che clona la timbricità fisica di un tempo.
Quanti interrogativi, quante domande senza risposta, il senso della vita sembrava arrestarsi d’innanzi a questo fiume irrefrenabilmente d’ipotesi.
Ricordo ancora con tanta emozione un contatto transtrumentale con la zia; Rammento che nel mese di Febbraio del 2003 si guastò il PC dovetti aspettare 30 giorni per riaverlo funzionante. La zia mi mancava, veniva meno la sua vocina ai miei sensi, la sua immagine che prendeva forma dalle dolci sonorità vocaliche, sembrava essersi dissolta nel nulla, come il risveglio da un sogno luminoso in una mattina d’inverno senza luce.
Giunse il giorno in cui il tecnico mi riportò il PC riparato, la prima cosa che feci fu quella di contattare nuovamente la zia, nutrivo da sempre per lei una soave amabilità, una comunione d’amore univa le nostre vite più in là della fisicità dei corpi. Capitava diverse volte che le ricezioni erano solo asperità e rumori, ed ogni volta che questo accadeva i dubbi e le incertezze prendevano il sopravvento, ma giunse la volta propizia quando la zia rispose alle miei chiamate senza indugio enunciando le seguenti parole: “Ora ascolta: Nicola, che sorpresa! La zia mi senti? Nicola Schepis se rispondi perché non mi resta un attimo”.
Da quanto aveva proferito la zia era un piacere risentirmi dopo un mese di silenzio. Era logico che mi dicesse: “che sorpresa! La zia mi senti? ” Concettina sapeva dei miei dubbi, di quelli che mi attanagliavano l’animo, e per questo motivo mi chiamò prima per nome e dopo averlo ripetuto aggiunse anche il cognome. Tutto aveva un senso, e tutto era chiaro, ma non ancora per me, figlio del positivismo scientifico, voleva dirmi che esisteva davvero.
I messaggi metafonici sono effimeri, fuggevoli, le voci sopraggiungono e svaniscono come d’incanto: ecco probabilmente il senso della proposizione “perché non mi resta un attimo”. Ricordo che sui dubbi si iscriveva prendendo consistenza una fatidica frase di Einstein quando disse ad W. Heisenberg dopo una conferenza di quest’ultimo sulla nuova fisica ” Ciò nonostante è un non senso” Einstein si riferiva alle rivelazioni bizzarre del mondo subatomico, soltanto che la fisica quantistica ebbe in seguito il sopravvento sullo scetticismo di Einstein, tutti gli esperimenti futuri dimostrarono che W. Heisenberg aveva ragione.
Spesso quando mi assalivano le incertezze mi ripetevo anch’io la famosa frase:” Ciò nonostante è un non senso”, ma poi pensavo che se menti eccelse come quella di Einstein potevano trarsi in inganno per un esasperato scetticismo, non era del tutto sbagliato poter ipotizzare una visione più plastica della realtà, una comunicazione tra noi e l’aldilà .
Preso dallo sconforto, dalla angoscia di essermi perso nella più sublime delle illusione, incominciai un’altra volta a dubitare, chiamai e richiamai per diversi giorni, ma la zia, fu questa volta taciturna, si ascoltavano dalle registrazioni solo rumori, voci arabe e indiane niente di più. Un giorno orami incredulo, disilluso pensai alla mamma, al papà , al nonno, considerai troppe cose, molte idee affollavano la mente, mentre ritentavo il contatto metafonico, finalmente giunse inaspettatamente la zia, avevo nuovamente ritrovato quel canale psichico che avevo perduto. La zia mi disse: “Ziettina chiede un favore. Apri bocca, chiedi e Concettina viene, diciamo solo non troppe cose in fretta. La zia… Antonio è mio nipote.
Rispose in maniera indubbia a quel mio modo ansiogeno di accavallare richieste e supposizioni, firmandosi simbolicamente più di una volta, la prima proferendo il proprio nome, la seconda affermando che mio figlio Antonio era suo nipote. Tutto quel suo dire era logico, connesso, chiaro, tenevo la testa troppo confusa quando tentai il collegamento, fui entusiasmato di quella risposta coerente e precisa, avrei voluto gridare al mondo intero, urlare, ma dovevo moderare le mie impazienze, ritenevo, opportuno, considerare con rigore solo ciò che osservavo senza aggiungere altro.
Può sembrare strano, ma bastò nuovamente poco per rimettere in gioco tutte le nuove speranze, ripresero i dubbi, chissà mentre diffidavo nuovamente di tutto, la cara zia seguiva tacita il filo dei miei pensieri. Quando riaprii il contatto Concettina rispose senza che la chiamassi, voleva dipanare i miei dubbi. Mi ero sintonizzato su stazioni straniere, senza pensare a niente, senza porre alcuna domanda, avevo già meditato troppo per riprendere a rimuginare ancora, ero sfossato, esausto, ed ecco una vocina dolcissima che giunse sulla cresta del rumore e s’insinuò tra le voci della radio affermando: “Zia Concettina esiste” . Che meraviglia!
La voce di papà giungeva, invece, nei momenti meno inaspettati, parlando sia in italiano, sia in siciliano, si preoccupava di mio figlio chiamandolo per nome e nello stesso tempo offrendo suggerimenti preziosi, con riferimenti precisi a situazioni; rispondeva ai miei pensieri, ai miei dubbi.
La mattina di Pasqua la presunta voce di papà mi disse: “Nicola io sono Antonino, Nicola posso darti la via”. Io mi ponevo e mi pongo ancora nei confronti dell’esistenza come colui che cerca, cerca! Mi accorsi sempre di più e ,soprattutto, da un messaggio del mese di Aprile che la metafonia congiunge le dimensioni che il tempo diverge. Fu la zia Concettina a rivelarmi questo segreto. Era trascorsa quasi una settimana dall’ultimo messaggio di Concettina, quando si ripresentò proferendomi: “Concettina fa tanto ripetere cosa al core, dicci delle cose aspettarti… E’ passata non so che tempo dalla settimana scorsa di te … chiama”! E’ molto interessante la frase “E’ passata non so che tempo dalla settimana scorsa di te” Una settimana è un tempo definito, sembrerebbe che il messaggero invisibile interloquisca da un tempo più dilatato. Perché: ” la settimana di te” e non la settimana? Forse perché la settimana è un tempo che appartiene a noi umani, non è universale. Non saprei che tipo sfasature spazio temporali esistono tra noi e l’ipotetica dimensione contattata.
Preferisco attenermi all’osservazione dei fatti. Il 29 Maggio parlavo al telefono con un amico sulle transcomuncazioni e sull’ipotesi di sopravvivenza dell’anima, lui si chiedeva se l’esistenza fosse davvero eterna, senza principio e senza fine, inoltre, si domandava di quanto fosse frammentaria la dimensione corporea. Mi chiese come un congiunto scomparso potesse dare una grande importanza alla sua trascorsa vita terrestre, quando si rivolgeva metafonicamente ad un parente in vita, giacchè il ricordo della sua esistenza passata non avrebbe avuto fine e quella circostanza sarebbe dovuta essere estremamente irrilevante.
Io risposi al mio amico e contemporaneamente aprii un collegamento metafonico senza comunicarglielo. Dissi che la dimensione oltre la vita potrebbe come nella fisica quantistica essere un ibrido di realtà, una sovrapposizioni d’essere, una dimensione schizofrenica per una mente umana, poiché non riusciremmo a comprendere e tenere nella nostra memoria biologica l’unità d’infiniti frammenti d’esistenze passate. Ipotizzai una bilocazione esistenziale, una non località dell’anima, un’appartenere simultaneamente a più spazi e tempi diversi, una realtà che in parte è stata sperimentata nella fisica quantistica, quella dimensione contestata da Einstein, ma oggi confermata dai dati sperimentali.
Straordinario rispose il mio amico, non sapeva ancora del contatto e dopo aver espresso questa sua gioia intellettuale, gli dissi del contatto che era stato aperto con la dimensione. Mi fermai, presi fiato e gli dissi: “cominciammo ad ascoltare”? Dopo un primo ascolto sommario, decodificammo insieme. La voce che ascoltammo rispose ai nostri interrogativi, come se fosse davvero una voce presente tra noi, una terza persona che si trovava in mezzo a noi e tra l’altro da quanto proferiva sembrava essere un mio parente. Il misterioso interlocutore disse: “Ti solleviamo un fatto, che se infinito ha ragione Nicola Schepis. Dirai al collega che mi ha sentito se ha capito. Se farai la tesi perché se c’è, anzi non c’è essere… lo hai assieme sotto il controllo… sei in attiva attesa… Mi ascolti? Si figlio di colui che… Ti Adoro Nipote caro”.
Il mio amico riuscì a comprendere per telefono il contenuto della voce dopo essere stata filtrata dal rumore di fondo al computer, anzi la decodificammo insieme.
Oggi mentre sto scrivendo quest’articolo sono confuso e pervaso da questo grande mistero. La voce si riferiva alla stesura di quanto ho scritto – Se farai la tesi – ; egli mi riportava all’idea di una tesi non compiuta poiché sono sempre in uno stato psicologico di attesa: “sei in attiva attesa” . La sera del 29 Maggio questo mio articolo era già stato preannunciato dal misterioso interlocutore, anzi si apprestava a dire qualcosa di rilevante sulla vita e più in là della vita stessa: “Se farai la tesi perché se c’è, anzi non c’è essere”.
Concludo lasciando al lettore qualsiasi sua interpretazione.