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Odori strani in Parapsicologia
di Alessandro Severi
L’INCONSCIO CREATIVO
Mentre la labilità psichica del posseduto e dell’estatico depongono a favore di un’origine psicopatologica dell’estasi e della trance, la particolare predisposizione di tali individui ad esercitare delle riprovate capacità paranormali (telepatia, chiaroveggenza, ecc.) ha indotto numerosi ricercatori, fra i quali anche degli storici delle religioni ad indirizzo storico-sociologico e dagli psicopatologi, a sostenere una tesi diversa, correlata all’ipotesi di un inconscio dinamico e creativo. Tale concezione dell’inconscio è stata formulata inizial-mente da C. G. Jung, che, prendendo le distanze dal concetto radicalmente patologico di Freud, ha individuato nella psiche inconscia non solo frustrazioni complessuali e traumi latenti ma anche numerose capacità creative ed accrescitive. Il concetto di un inconscio dinamico e creativo è divenuto successivamente l’oggetto e il fine di diverse scuole psicoterapeutiche (fra le quali la terapia di gruppo di S. R. Slavson e J L. Moreno, i gruppi di incontro di C.Rogers, la bioenergetica di A.Lowen, ecc.), accomunate nella denominazione di psicologia umanistica, il cui scopo è lo sviluppo del potenziale umano. Tali psicoterapie non mirano soltanto alla risoluzione dei conflitti inconsci e delle psicopatologie, come invece la psicoanalisi, ma stimolano il soggetto a divenire cosciente delle proprie potenzialità latenti, in un processo di accrescimento continuo al fine di sviluppare una personalità sana e creativa.
Rispetto alle potenzialità dell’inconscio non esiste tutta-via attualmente una concezione unitaria: l’esplorazione della psiche quale serbatoio creativo è iniziata infatti solo recente-mente, nella misura che la psicoterapia si è liberata dalla coercizione della patologia.
Gli studiosi dell’approccio creativo riconoscono comunque nell’inconscio due aspetti caratteristici: le capacità paranormali e il Sé. Le prime sono considerate dalla parapsicologia come delle effettive capacità psichiche naturali latenti nell’inconscio di ogni uomo, suscettibili di essere sviluppate ed esteriorizzate attraverso un’alterazione dello stato normale di coscienza. La psicologia del profondo ad indirizzo creativo sostiene invece l’esistenza del Sé, termine coniato da C. G, Jung, dell’essenza psichica dell’uomo quale effettiva coscienza superiore, olistica e totale, che comprende tutti gli elementi psichici, consci, inconsci individuali e universali. Secondo tale teoria, i soggetti che entrano in contatto con la propria essenza psichica, il Sé, realizzano un ampliamento di coscienza, per cui percepiscono se stessi come puro essere, coscienza im-manente e sviluppano, secondo le descrizioni dell’attuale ricerca psicoterapeutica, una riprovata serenità, un’accettazione positiva di sé stessi e degli altri e una sensazione di comunione transpersonale con il cosmo intero.
Gli studiosi che riconoscono l’aspetto creativo e dinamico dell’inconscio, interpretano dunque l’estasi e la trance come degli stati di alterazione della coscienza, nei quali gli sciamani e i medium, quali soggetti sensitivi, esteriorizzano alcune capacità paranormali, mentre i mistici delle religioni cosiddette superiori realizzano, attraverso un ampliamento di coscienza, la loro interiorità psichica essenziale.
Secondo De Martino, Jung ed Eliade, ipotizzando i miti come delle immagini primordiali, rinnegano la impostazione storica e ciò costituisce il limite principale delle loro ricerche. Per De Martino, l’esperienza religiosa può essere compresa, infatti, soltanto attraverso un’analisi attenta della situazione storica e dell’ambiente socio-culturale. L’autore, tuttavia, non considera l’esperienza “estatica” soltanto come un prodotto del condizionamento socio-culturale ma piuttosto come un effettivo stato di ampliamento della coscienza: tale modificazione psicologica egli la interpreta comunque in riferimento alla situazione storica e non come un fenomeno a sé, svincolato dall’ambiente socio-culturale.
De Martino dunque riconosce che nelle esperienze estatiche si manifesta un ampliamento di coscienza, ma non lo qualifica assolutamente, come fanno invece Jung ed Eliade, in un senso metapsicologico e metafisico. La sua analisi inoltre è orientata soprattutto al riconoscimento dei cosiddetti poteri pa-ranormali piuttosto che ricercare una equivalenza fra l’estasi mistica e l’autorealizzazione dell’essenza psichica.
I POTERI PARANORMALI
Fra le diverse esperienze estatiche, soltanto l’estasi mi-stica viene paragonata, dagli studiosi che condividono l’ipotesi “creativa”, all’autorealizzazione dell’essenza psichica: i presupposti filosofici di tale fenomeno religioso, infatti, quali l’ipotesi di una dimensione “superiore”, sembrano coincidere con l’esperienza intima di una coscienza olistica e totale. La trance dei posseduti e dei medium, e le estasi degli sciamani sono invece considerate degli stati di ampliamento di coscienza parziali o specifici, poiché non determinano la realizzazione dell’in-teriorità psichica del soggetto, ma soltanto l’esteriorizzazione di determinate capacità paranormali.
I poteri paranormali costituiscono l’oggetto di studio dell’attuale Parapsicologia, alla quale si riferisce, per esempio, lo storico delle religioni Ernesto De Martino per verificare l’effettiva presenza e la funzione delle capacità paranormali in ambito etnologico. De Martino contesta decisamente in Il mondo magico del 1948, l’orientamento negativistico, dell’attuale ricerca etnologica ed antropologica, che tende ad escludere a priori, senza neppure prenderle in considerazione, le capacità paranormali:
…la semplice possibilità di feno-meni paranormali ripugna intimamente alla storia interna del moto scientifico moderno; per accettare tale possibilità esso o deve negare le proprie origini storiche, istituendo una sorta di crittogamia con la magia, ovvero deve superare la sua propria storia, attingendo un punto di vista più alto, una visione prospettica più comprensiva.
… Lo scandalo che suscita la sem-plice posizione del problema della realtà dei poteri magici, la resistenza ad ac-cettare una soluzione positiva del pro-blema, la protesta del “buon senso” come dello “spirito scientifico”, il continuo rigerminare del dubbio in coloro che tentano l’accertamento sistematico dei fatti, tutto ciò accenna alla perdurante efficacia della polemica antimagica at-traverso la quale si è costituita per una parte assai notevole la nostra Einstel-lung culturale, e più ancora testimonia a favore della necessità di attingere un punto di vista più alto, in cui il mo-mento polemico sia superato, e il segno di contraddizione sia soppresso. Fin quando si assume il piano della datità naturalistica come l’unico possibile, la contraddizione scoppia prima o poi inevitabile: ma proprio quest’assunzione dogmatica si rivela in sostanza come boria culturale.
Secondo De Martino è necessario, invece di igno-rare suddetto problema, compiere una ricerca sistema-tica per stabilire se i cosiddetti “poteri magici” vantati dai maghi, dagli sciamani, dai mistici, dai medium, ecc, sono almeno parzialmente fondati sulla realtà. Nel saggio Percezione extrasensoriale e magismo etnologico del 1942, l’autore conduce una ricerca in tal senso, specificatamente rispetto ai fenomeni di percezione ex-trasensoriale accomunati dalla parapsicologia nella denominazione di “criptestesia” (una supposta sovrasensibilità dei sensi):
La criptestesia si distingue in accidentale (o spontanea) e sperimentale, e quest’ultima che qui direttamente ci interessa, si distingue a sua volta in due grandi categorie di fenomeni, secondo il soggetto prenda conoscenza extrasensoriale di cose od eventi del mondo esterno in maniera diretta, essendo cioè esclusa in toto la possibile influenza sul suo psi-chismo di forze mentali, consce o inconsce, ad esso estranee (lucidità e chiaroveggenza), ovvero se si riesca a realizzare sperimentalmente la possibilità di un’azione da mente a mente per cui il soggetto percepisce cose, sensazioni idee del mondo esterno in dipendenza causale dallo psichismo di una o più altre persone (trasmissione del pensiero o telepa-tia sperimentale.
Riconosciuta quindi, in seguito all’analisi sistematica della ricerca parapsicologica, l’effettiva realtà di tali capacità psichiche, De Martino riporta “un certo numero di documenti etnologici sufficiente per ingenerare la convinzione che, presso i popoli di natura alla credenza nei poteri metagnomicisi ac-compagna un reale esercizio di questi poteri”.
Cito solo alcuni dei numerosi esempi riportati dall’autore:
Alcuni dati importanti ci sono anzitutto forniti dallo Shirokogoroff nel suo lavoro sul complesso psico-mentale dei Tungusi. Scrive l’autore:
Documento 1): – V.V.K.Arseniev mi riferì un caso da lui personalmente osservato: uno sciamano invitò due altri sciamani da luoghi lontani in una particolare circostanza (malattia improvvisa di un giovane), ed essi arrivarono entro un lasso di tempo tale da escludere materialmente la possibilità che fossero stati avvertiti da un messaggero.
Un altro lavoro che fornisce interessanti documenti di percezione extrasensoriale fra i popoli di natura è quello del Trilles sui Pigmei dell’Africa Equatoriale.
Documento 6): – Conversavo un giorno con uno stregone negrillo. I miei uomini con le piroghe dovevano raggiungermi e portarmi le provviste. Incidentalmente ne parlo al mio uomo domandandomi: “Saranno ancora molto lontani, mi porteranno ciò che ho chiesto loro?”. “Ma dirtelo è cosa facilissima”. Prende il suo specchio magico, si concentra, pronunzia qualche incantesimo. Poi: “In questo momento gli uomini stanno doppiando il punto tale del fiume (era lontano più di un giorno di piroga), il più grande sta per tirare un colpo di fucile su un grosso uccello, lo ha abbattuto, gli uomini remano energicamente per raggiungerlo, esso è caduto nell’acqua. Lo hanno preso. Essi ti portano ciò che hai chiesto”. Infatti tutto era vero, provviste, colpo di fucile, uccello abbattuto: ed era, lo ripetiamo, a un giorno di distanza dal luogo
Un altro episodio “imbarazzante” è riferito da K. Rasmussen.
Documento 13): Ci sedemmo poi tutti sulla scranna in attesa del pasto che si stava cuocendo. Si era nel cuore dell’inverno, I giorni erano brevi e le sere lunghe. Una lucerna ad olio di balena era usata per la cottura, la marmitta era sospesa alla lucerna, tenuta per una correggia, che a sua volta era fissata con un rampone alla parete. Improvvisamente la marmitta ebbe un sobbalzo, e oscillò qua e là come se qualcuno l’avesse spinta. Il calore aveva liquefatto la neve nel luogo dove il rampone era fissato, il rampone era scivolato giù scuotendo la correggia, e facendo saltare i pezzi di cibo nel loro brodo. Padloq, sempre sotto l’influenza della sua trance, saltò dal posto dove sedeva e dichiarò che dovevamo subito cambiare il luogo dove eravamo accampati e salire sul vecchio e compatto ghiaccio invernale: poiché la nostra capanna era costruita fra alcune linee di pressione che formavano una screpolatura fra il ghiaccio antico e il mare aperto.
…A dispetto delle proteste di Padloq restammo dove eravamo, e quando avemmo mangiato a sazietà ci infilammo nei nostri sacchi da notte. Fu solo la mattina seguente che potemmo constatare quanto Padloq avesse visto giusto, quando, cioè trovammo con nostro spavento una fenditura lungo il suolo. Era solo una fenditura limitata, e tuttavia larga abbastanza perché l’acqua marina vi passasse attraverso gorgogliando. Il tetto della capanna era completamente sconvolto sopra l’ingresso, e togliendo un blocco di neve vedemmo le acque scure del mare aperto davanti a noi. Il ghiaccio recente, sul quale la capanna di neve era stata costruita, si era rotto, ma invece di essere trasportato verso il mare, era rimasto stretto all’ultimo momento fra gli alti vertici di pressione mantenuti da una piccola isola. Dopo di questo fui costretto a promettere a Padloq che per il futuro avrei avuto più rispetto delle sue predizioni di sciamano.
Secondo De Martino, tali documenti confermano l’esi-stenza in ambito etnologico di un’effettiva percezione extrasen-soriale, constatazione che comporta inevitabilmente un’interpretazione più ampia dell’intera gamma dei cosiddetti “fenomeni estatici”:
…la credenza nei poteri metagnomici non avrebbe potuto formarsi e mantenersi se, almeno qualche volta, non avesse avuto un fondamento reale.
I poteri magici, dunque, non sono dei simboli elaborati dalla cultura, viceversa, sono delle esperienze reali, sulle quali è stata basata l’edificazione stessa dell’impianto culturale e rituale: Invero per entro il magismo etnologico sussiste un organismo ideologico e istituzionale che regola e alimenta le attitudini paranormali di conoscenza nel loro manifestarsi, e che in tali attitudini si esprime, piegandole a una intenzione e a una finalità umane. D’altra parte nella misura in cui i poteri metagnomici sono realmente efficaci, la ideologia e la credenza subiscono la influenza del successo, traendone alla lor volta alimento: confortate dalla ri-uscita, la ideologia si sviluppa, la credenza si consolida.
L’esteriorizzazione di tali capacità paranormali può verifi-carsi tuttavia soltanto in seguito ad una modificazione radicale dello stato di coscienza del soggetto:
Circa lo stato psichico che si accompagna ai fenomeni metagnomici, la psicologia paranormale ha finora accertato che tali fenomeni si producono sempre in una condizione più o meno profonda di dissociazione psichica e di alterazione della personalità. Nella “piccola trance” il sog-getto si concentra, astraendosi dall’ambiente, e si pone in una condizione di “attenzione aspettante”, finché interviene la folgorante per-cezione metagnomica; nella “grande trance”, invece, la coscienza normale di veglia si oscura, ed affiora, fino alla sostituzione completa, una nuova personalità, che si rivela capace di “poteri” metagnomici. Analogamente per la trasmissione paranormale di determinati contenuti psichici, il soggetto deve concentrarsi sul contenuto da trasmettere, ingenerando uno stato di dissociazione, sia pure superficiale.
I dati etnologici confermano, pur nella loro incompletezza, i risultati dell’accertamento metapsichico Soltanto quindi in uno stato estatico, in trance o in estasi, il soggetto può estrinsecare le proprie capacità paranormali.
L’indebolimento della sintesi psicologica appare dunque come condizione fondamentale per la manifestazione delle attitudini metagnomiche: pertanto ben si comprende perché la coscienza onirica è particolarmente propizia a fenomeni del genere.
Tale stato dissociativo non va considerato tuttavia come un sintomo patologico; secondo De Martino tale giudizio deriva dall’arbitraria applicazione dei concetti di sanità psichica della società occidentale a dei contesti diversi dal nostro:
Nella nostra civiltà il dissociato è in conflitto col proprio ambiente storico: la sua funzione sociale non è riconosciuta, la credenza altrui non lo conforta e soprattutto egli non trova in se stesso e nel patrimonio della educazione ricevuta i grandi temi ideologici vivi e attuali, attraverso i quali dirigere e interpretare il suo stato psichico, piegandolo a un fine culturale e umano. Al contrario, il suo patrimonio culturale è radicalmente inadatto alla sua dissociazione: nella civiltà nella quale egli vive, e alla quale egli partecipa, la sua dissociazione appare come un frutto fuor di stagione. Pertanto quando si interpreta la labilità della sintesi come “misére psychologique”; si esprime certo un concetto esatto, ma solo come punto di vista della nostra civiltà, poiché la miseria non risulta dal fatto dissociativo in se stesso, ma dalla mancanza di storicità che caratterizza i processi disintegrativi della personalità per entro la nostra cultura. Ove questa storicità sussiste, come nel magismo etnologico, i complessi culturali, nella varietà dei loro ideologici e delle forme istituzionali, si appalesano come organicamente connessi alla dissociazione psichica, ne formano la regola e il padroneggiamento.
…Noi non possiamo quindi denominare negativamente come “miseria psicologica” una condizione psichica culturalmente cosi significativa, e che, in ogni caso, appare come la condizione dell’esistenza stessa del complesso culturale: non possiamo trasferire in un ambiente storico estraneo un giudizio di valore giustificato solo nel nostro proprio ambiente storico.
L’estasi e la trance, per De Martino, non sono dei fenomeni patologici, ma costituiscono degli stati di ampliamento della coscienza che consentono di esteriorizzare le capacità paranormali, quale patrimonio latente e potenziale di ogni uomo. Il riconoscimento dell’effettiva realtà di tali capacità pa-ranormali conferma l’esistenza di una dimensione psichica dell’uomo più ampia di quella finora conosciuta.
Secondo l’autore, questa constatazione deve stimolare la Scienza ad un approfondimento della ricerca in tal senso, per consentire all’uomo di evolvere sul piano della coscienza e della conoscenza:
Se come uomini di passione possiamo e dobbiamo esprimere la nostra preferenza per ciò che rappresenta il patrimonio storico e l’ideale della nostra cultura (come potremmo fare diversamente senza tradire noi stessi?) come uomini di ragione sentiamo vivo il bisogno di allargare l’autocoscienza della nostra civiltà si da poter ricuperare nella considerazione storica quelle dimensioni della vita dello spirito che la nostra civiltà, per costituirsi quale è, ha dovuto polemica negare o svalutare.