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Apparizioni
Tra le più moderne linee di ricerca riguardo lo studio dei fenomeni psicocinetici, riporto la descrizione di una sperimentazione effettuata da D. I. Radin e J. M. Rebman presentata alla scorsa “Parapsychological Association Convention”. Una questione fondamentale non risolta circa i fenomeni di apparizione è se essi siano espressione di fantasie soggettive, semplici allucinazioni, o se invece essi riflettano qualche forma di realtà oggettiva. Se le apparizioni sono solo soggettive, esse possono essere spiegate in termini di fisiologia normale. Ma se le apparizioni coinvolgono anche qualche forma di realtà fisica indipendente, le implicazioni di questo vetusto fenomeno sono più inquietanti. In un esperimento pilota sette persone si ponevano di fronte ad uno specchio all’interno di una stanza debolmente illuminata per indurre un leggero stato alterato di coscienza. È una tecnica sviluppata dal noto ricercatore sulle esperienze perimortali, Raymond Moody, che è ampiamente trattata in un numero della rivista Luce e Ombra (N. 1, 1996). Tutte e sette riferirono di aver avuto sensazioni di presenze, percezioni di apparizioni, o anomale fluttuazioni del livello di illuminazione dell’ambiente. Nel caso le esperienze apparizionali siano riferibili ad uno stato alterato di coscienza, gli sperimentatori hanno controllato contemporaneamente le variazioni fisiche dell’ambiente e quelle fisiologiche dei partecipanti per verificare se i nuovi stati di coscienza si correlassero con le misurazioni oggettive (fattori ambientali). Le analisi hanno indicato che la fisiologia dei soggetti, controllata misurando l’EEG, l’attività elettrica della pelle, la frequenza cardiaca e la temperatura della cute, erano correlate in modo significativo con le misurazioni di tipo fisico fatte sull’ambiente (variazioni di temperatura, del campo elettrico, del campo magnetico e della radiazione ionizzante di fondo). Dai risultati ottenuti da queste rilevazioni, gli sperimentatori hanno concluso che, in opportune condizioni, l’acquisizione di un nuovo stato di coscienza coincide con variazioni non spiegabili dell’ambiente fisico.
Queste osservazioni suggeriscono pertanto una doppia possibilità per spiegare i fenomeni che si accompagnano alle apparizioni:
a. che certi stati alterati di coscienza possono provocare potenti ed obiettivi effetti fisici nell’ambiente circostante; o
b. che certe fluttuazioni nell’ambiente possono determinare forti cambiamenti dello stato di coscienza.
La prima interpretazione suggerisce che le apparizioni siano obbiettivamente causate da fenomeni di interazione del tipo mente-materia; la seconda interpretazione suggerisce che le apparizioni possono essere il risultato soggettivo di influenze energetiche esterne. Occorre continuare la ricerca per stabilire quale delle due possibilità sia quella reale. (The Psi Researcher, 20, Febr. 1996).
Nina Kulagina
Questa famosa sensitiva russa, da pochi anni scomparsa, ha raccolto l’interesse degli scienziati, sia russi che occidentali, per l’ampio spettro di fenomeni psicocinetici che poteva produrre con relativa facilità. Uno degli esperimenti da lei preferiti era quello di far muovere sigarette od altri oggetti, ad esempio candele, posti verticalmente, in direzione orizzontale senza farli cadere. Essa era anche in grado di scegliere quale oggetto far muovere tra un certo numero di oggetti uguali (ad esempio un fiammifero tra varie decine poste sul tavolo). Poteva far ruotare vistosamente l’ago di una bussola. Sembra che potesse anche far levitare oggetti di peso non superiore ai 30 grammi. Esistono alcuni filmati piuttosto convincenti che confermano questa sua vasta casistica psicocinetica.
Philip o psicocinesi di gruppo
Si intende con psicocinesi di gruppo la situazione per cui certi fenomeni fisici avvengono in assenza di un medium riconosciuto, per cui è lecito supporre che tra i presenti si formi una sorta di fusione o sommatoria delle singole capacità paranormali.
Con questa premessa torniamo un attimo alle sedute medianiche e consideriamo una ingegnosa e fruttuosa iniziativa da parte di un gruppo di ricerca canadese. Questa iniziativa meriterebbe di essere ripetuta da altri ricercatori. Questo gruppo, nel 1972, ebbe l’idea di creare dal nulla un fantasma che si manifestasse nelle sedute con il tavolino. A tal fine fu inventato di sana pianta una storia che riguardava un aristocratico inglese del 18° secolo di nome Philip. Furono fissate la storia e le vicende più importanti della sua vita, entrambe inventate da uno del gruppo. La storia di Philip fu studiata e riproposta più volte perché ognuno del gruppo la conoscesse alla perfezione e ne avesse una certa familiarità. Qualcuno si recò in Inghilterra a visitare i luoghi “abitati” da Philip. Alla fine quasi tutti credevano, in un certo modo, nell’esistenza effettiva di Philip. Ed ogni volta che parlavano di Philip uscivano nuovi particolari della sua vita.
Dopo questa fase preparatoria passarono alla sperimentazione vera e propria. Furono organizzate delle sedute nelle quali si invitava lo spirito di Philip ad intervenire. Ma non successe quasi nulla. Uno dei partecipanti venne a sapere che alcuni studiosi inglesi (Batcheldor, Brookes-Smith e Hunt) avevano adottato una metodica particolare che aveva permesso loro di produrre notevolissimi effetti psicocinetici durante le sedute con il tavolino. Le levitazioni erano all’ordine del giorno. La loro tecnica era di affrontare le sedute senza eccessiva concentrazione e serietà, anzi in rilassamento, magari cantando, raccontandosi barzellette, con sollecitazioni affettuose al tavolo di obbedire ai comandi.
Seguendo queste istruzioni non tardò molto che Philip si manifestasse. Il tavolino si mosse, si spostò trascinandosi per la stanza, rispose alle domande conformemente alla personalità di Philip e persino levitò. Si udirono anche numerosi raps. Quando chiedevano sue notizie, Philip raccontava, né più né meno ciò che loro si aspettavano, quello cioè che avevano inventato in precedenza. Philip sembrò sviluppare un po’ per volta una sua personalità: dimostrava gusti, preferenze e insofferenze sia per certe cose che per certi membri del gruppo. Una volta uno gli chiese scherzando di mettersi a riposare, magari a gambe in su. Subito il tavolo diede un sobbalzo e si rivoltò con le gambe all’aria, e così rimase.
La creazione di uno spirito fittizio, cioè senza alcuna corrispondenza con un personaggio veramente esistito, ha una duplice importanza. Da un lato facilita l’emergenza dei fenomeni psicocinetici in quanto, mancando un medium ufficiale, vengono a cadere certi blocchi psicologici che emergono quando questi fenomeni stanno per essere prodotti. In altre parole, anche se Philip era inventato, le sedute si svolgevano con lo sforzo di ognuno di crederlo come veramente esistente. In questo modo nessuno dei partecipanti sentiva il peso della responsabilità di aver provocato questi fenomeni perché la responsabilità veniva attribuita tutta a Philip. Un altro punto di interesse di queste sedute con Philip è quello che riguarda l’origine di certi fenomeni che caratterizzano le sedute spiritiche. Essendo Philip un personaggio mai esistito, è lecito supporre che i fenomeni straordinari che eventualmente si manifestano in una seduta siano dovuti ai partecipanti anziché a spiriti di un altro mondo. Su quest’ultimo punto molti non saranno certamente d’accordo, ma è una possibilità che forse potrà essere confermata con altre prove più mirate e più approfondite.
Rhine
Seguendo la linea della più stretta metodologia scientifica è a tutti (o quasi) nota l’opera di Joseph Banks Rhine il quale studiò i fenomeni paranormali nel proprio laboratorio. Per analizzare i risultati si attenne alle più moderne e sicure tecniche di calcolo statistico. A Rhine non interessava tanto studiare i fenomeni della grande medianità, ma piuttosto mettere in evidenza quel poco di paranormalità che riteneva essere presente in tutti noi. Prese come soggetti da sperimentare in massima parte degli studenti della sua università i quali rientravano nella media come capacità paranormale. Ma conducendo con essi un numero elevatissimo di prove poté mettere in evidenza anche minime capacità paranormali e confermare così la loro reale esistenza. Mise alla prova anche alcuni soggetti che si presentarono volontariamente asserendo di possedere determinate capacità nel campo del paranormale. Facendo un numero elevatissimo di prove, anche questa minima capacità presente in tutte le persone poteva essere evidenziata e poteva essere utile per dimostrare la realtà della fenomenologia paranormale e le sue caratteristiche generali. Le prove erano di vario genere come cercare di influenzare la caduta di dadi in modo da ottenere punteggi più alti della media oppure cercare di ottenere una determinata faccia del dado più spesso delle altre (ad esempio che il 3 uscisse più volte degli altri valori). In seguito i dadi furono fatti scivolare da un piano inclinato per rendere il fenomeno sempre più indipendente dagli operatori, poi si utilizzarono complessi macchinari per evitare ogni pur minimo contatto tra i dadi e gli sperimentatori o i soggetti esaminati. Gli esperimenti di Rhine nel campo della PK durarono 9 anni e, spesso, furono coronati da entusiastici risultati.
Questo tipo di sperimentazione, detta quantitativa perché basato su un numero grandissimo di prove e di soggetti, ha il vantaggio di poter meglio valutare come certi fattori possano favorire o sfavorire la manifestazione del fenomeno paranormale. In particolare si è visto come il fenomeno possa essere condizionato dall’età e dal sesso dei soggetti, dal loro stato di salute, dalla somministrazione di farmaci e di droghe, da particolari stati di coscienza, dallo sperimentatore, dallo spazio e dal tempo, dal rapporto soggetto-bersaglio, dalla stanchezza che subentra dopo un certo numero di prove, dal fatto di credere o di non credere ai fenomeni paranormali, etc.
Micro-PK: Helmuth Schmidt
Negli anni ’60 uno scienziato americano, Helmuth Schmidt, fece questo ragionamento: se gli esperimenti di Rhine con i dadi avevano dato molte dimostrazioni dell’esistenza di un’azione della mente sulla materia, allora questo fenomeno doveva funzionare ancor meglio sostituendo i dadi con qualcosa di meno materiale come le particelle atomiche, di peso e di dimensioni infinitamente più piccole rispetto ai dadi, o deboli flussi di energia elettrica. Schmidt costruì dapprima un’apparecchiatura collegata ad un contatore Geiger che misurava il decadimento radioattivo di una sostanza radioattiva. Il soggetto che si sottoponeva all’esperimento doveva cercare di variare il processo di emissione delle particelle radioattive, in più o in meno, il quale processo è quanto di più casuale ed imprevedibile si possa immaginare anche se statisticamente ha un comportamento perfettamente costante. Poi costruì dei generatori elettronici di numeri casuali sui quali i sensitivi dovevano applicare le loro facoltà psicocinetiche. In altre parole, delle sequenze di numeri assolutamente casuali prodotte dall’apparecchiatura elettronica dovevano essere influenzate in modo predeterminato. Ad esempio, se le sequenze di numeri erano costituite da una serie lunghissima di 0 e 1 mescolati casualmente tra loro, ma con tanti 0 quanti erano gli 1, sotto l’influenza dei soggetti ci si aspettava che dovessero essere più numerosi, ad esempio, gli 1 degli 0. Il tutto era visualizzato da nove lampadine disposte in cerchio che si accendevano in senso orario se prevalevano gli 1, in senso antiorario se prevalevano invece gli 0. Questa macchina fu chiamata flipper elettronico. Naturalmente, in mancanza di un’azione psicocinetica, le lampadine si accendevano oscillando attorno ad un punto di equilibrio dato che gli 1 e gli 0 erano numericamente uguali. È chiaro che, tanto più si riescono ad accendere le lampadine distanti dal punto di equilibrio, tanto maggiore è l’energia psicocinetica utilizzata. Ed i risultati degli esperimenti fatti con queste apparecchiature furono quasi costantemente positivi e furono confermati anche da altri noti ricercatori.
PEAR
Da alcuni anni sono in corso, presso il laboratorio di Ricerche sulle Anomalie Ingegneristiche dell’Università di Princeton (PEAR) negli Stati Uniti, studi di micro-PK per verificare l’azione della coscienza umana su complessi meccanici, elettronici, ottici, acustici e a fluidi.
In condizioni di normalità tutte queste apparecchiature producono effetti del tutto casuali, mentre in condizioni di sperimentazione psicocinetica esse mostrano comportamenti anomali attribuibili all’influenza dei soggetti che cercano di agire su di esse. In questo laboratorio sono state condotte varie migliaia di questi esperimenti con centinaia di soggetti. Gli effetti rilevati sono di solito molto piccoli ma sufficienti per dimostrare una ripetibilità ed un valore altamente significativo dal punto di vista statistico. I soggetti, se presi singolarmente, producono effetti dello stesso tipo su tutte le apparecchiature disponibili. Questi risultati sorprendenti avvengono anche a grandi distanze e sembrano incrementarsi se agiscono contemporaneamente più soggetti. Inoltre, si hanno risultati positivi anche facendo agire i soggetti ore prima o ore dopo che la macchina è messa in funzione.
Le condizioni sperimentali sono tali da poter escludere un effetto di tipo ESP. Secondo gli sperimentatori, diretti dal Prof. Robert Jahn, questi effetti di micro-PK richiedono una revisione dei nostri concetti sulla realtà ed in particolare sembrano suggerire che vi sia un rapporto molto stretto e diretto tra coscienza umana e mondo circostante. Certi principi della fisica quantistica, per questi ricercatori, sembrano essenziali nella spiegazione profonda di questi fenomeni.
Questi risultati si collegano ad alcuni fatti che da decenni turbano le menti di diversi scienziati.
Alcune persone sono famose per la loro presunta capacità di provocare rotture o malfunzionamenti in varie apparecchiature, sia meccaniche, sia elettriche, sia elettroniche, al punto tale che ad esse viene impedito l’ingresso in certi laboratori. L’aneddoto più conosciuto a questo riguardo è il cosiddetto effetto Pauli, notissimo fisico teorico. A Pauli era sufficiente entrare in un qualsiasi laboratorio perché varie delicate apparecchiature andassero in tilt o si rompessero senza causa apparente e senza che lui le toccasse.
Il problema del rapporto tra uomo (coscienza) e macchina è tanto sentito in certi ambienti scientifici che ci si è chiesto se la coscienza umana possa agire sui delicatissimi ed infinitesimali processi che avvengono all’interno delle apparecchiature più sofisticate come, ad esempio, i moderni computer.
Il settore della fisica in cui questa interazione mente-materia sembra più fondato e provato è la fisica quantistica. Al suo interno sembra non potersi prescindere dal fatto che gli eventi atomici e subatomici abbiano un comportamento che risente in modo determinante della presenza e delle decisioni dello sperimentatore. Queste strane proprietà delle particelle atomiche si possono pertanto estendere ai debolissimi flussi di elettroni che scorrono nei circuiti dei moderni computer. Alcuni ricercatori hanno voluto verificare se il desiderio cosciente di agire su queste apparecchiature sia maggiormente efficace rispetto all’effetto Pauli che sembra invece del tutto inconscio.
PK su sistemi biologici
Sono stati fatti esperimenti con esito positivo con il sensitivo Matthiew Manning per cercare di modificare l’emolisi dei globuli rossi sottoposti a shock osmotico. Altri esperimenti, spesso coronati da successo, sono stati effettuati su enzimi, su lieviti, funghi e batteri, su semi di piante e su cellule in coltura.
Un’altra domanda che si sono posti gli sperimentatori è se è possibile agire su un intero organismo vivente (uomo, animale o pianta) ed anche se è possibile agire selettivamente su cellule malate all’interno di un organismo. Ad esempio, si è cercato di accelerare il processo di guarigione su lesioni cutanee provocate nei gatti o su tumori in vari animali.
Un campo d’indagine affine è lo studio dei guaritori. Per quel che si è potuto verificare, sembra non esista nessuna energia particolare o fluido che possa spiegare l’azione terapeutica dei guaritori. Le uniche alternative sono quelle che spiegano i fatti con la PK o con interpretazioni del tutto normali (suggestione, effetto placebo, guarigioni spontanee, errori diagnostici precedenti, la psico-neuro-immuno-endocrinologia, etc.).