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Esiste una “memoria delle cose” che i sensitivi riescono a captare?
di Enza Massa
Probabilmente sarà capitata a molti vedendo per la prima volta un oggetto, la sensazione imponderabile e indefinibile di averlo già visto in un altro tempo e in un altro luogo, come se lo stesso avesse un che di familiare.
Sovente in tali circostanze si sovrappongono lembi di ancestrali ricordi, rapidi come un lampo, veri e propri “flash” mnemonici che ci attraversano la mente, lasciandoci sbigottiti e un po’ confusi. Il più delle volte si tratta solo si sensazioni fugaci, che non hanno alcun seguito né trovano spiegazioni al di fuori del consueto.
“Banali coincidenze”, sostengono infatti gli scettici quando una scatola, un soprammobile, una vecchia foto o qualsiasi altro oggetto mai visto prima appare stranamente noto.
In tali casi di solito il cervello opera dei collegamenti a livello inconscio con immagini sepolte nella memoria, facendo percepire come “già visto” ciò che in effetti non lo è mai stato.
Talora, però, tale spiegazione si è rilevata insufficiente, poiché individui dotati di un’acuta sensibilità e più ancora i sensitivi veri e propri sembrano riuscire a stabilire una sorta di misterioso dialogo con oggetti sconosciuti, anche al solo vederli. Il fenomeno era già da tempo noto con il termine improprio di “psicometria”, termine di derivazione greca, che letteralmente significa: valutazione quantitativa del comportamento umano.
Poco per colta poi è passato a indicare la “lettura di un oggetto”, un’attività per la quale è stata coniata di recente la parola “psicoscopia”.
La “lettura di un oggetto” è quindi la descrizione minuziosa che alcuni sensitivi sono in grado di dare delle visioni e delle sensazioni allucinatorie destate in loro dalla vista o dal contatto con l’oggetto stesso.
Stando anche a recenti acquisizioni, sembra che le cose inanimate in genere e gli oggetti personali in specie possano registrare in una sorta di “memoria naturale” fatti ed episodi che si sono verificati nell’ambiente circostante.
I sensitivi, a loro volta, sarebbero capaci di “leggere” questa presunta “memoria delle cose” e persino di interrogarle come muti ma precisi testimoni.
Nel 1935 il famoso chiaroveggente polacco Stefan Ossowiecki, fece la scommessa con alcuni suoi contestatori di riferire ciò che gli “raccontavano” alcuni oggetti chiusi in una scatola, di cui egli, ovviamente, ignorava il contenuto.
“Ciò che è chiuso in questa scatola non è di questa terra”, affermò con sicurezza Ossowiecki, scopo qualche minuto di concentrazione con le mani sulla scatola. “Sono pietre, ma la loro origine non è terrestre”, aggiunse egli convinto.
Ed aveva pienamente ragione, come poterono constatare tutti i presenti e confermare coloro che avevano preparato l’esperimento; poiché nel cofanetto, per confondere maggiormente le idee al povero veggente, erano state effettivamente racchiusi dei sassi extraterrestri; si trattava, infatti, di … meteoriti!
La materia, dunque, aveva davvero trasmesso il suo messaggio al sensitivo?
Sembrerebbe proprio di si altrimenti, se si fosse trattato soltanto di chiaroveggenza, egli sarebbe tutt’al più riuscito a “vedere” dei sassi, senza però riconoscerne l’origine.
Nella psicoscopia, difatti, pare sia l’oggetto a innescare il fenomeno della visione.
Citerò un altro esempio (ma ve ne sarebbero molti altri) altrettanto eloquente e sconcertante circa l’ipotesi che la materia inanimata possa parlare a chi sa ascoltarla e comprenderla.
Il sensitivo olandese Gerald Croiset è rimasto famoso per le sue sorprendenti capacità psicometriche (per usare il vecchio, ma ancora usato termine) e per aver più volte collaborato efficacemente colla polizia al fine di ritrovare persone scomparse o decedute nei molti canali della sua bella Amsterdam. A lui bastava, infatti, tenere qualche minuto in mano una foto o un qualsiasi oggetto appartamento alla persona scomparsa, meglio se ritrovato nei luoghi in cui la vittima era stata vista di recente, per conoscere la sorte di quest’ultima e il luogo esatto dove cercarla.
Anche per le manifestazioni paranormali di Croiset potrebbe trattarsi di chiaroveggenza o retrocognizione, ma il fatto che anch’egli come il veggente polacco, di cui si è detto in precedenza, avesse bisogno del supporto di un oggetto per far scattare le visioni, fa rientrare le sue capacità nel campo della psicometria o psicoscopia propriamente detta.
Un caso recente
Prima di andare un po’ a vedere che cosa dice la scienza a proposito della psicometria purtroppo rari, casi in cui s’interessa seriamente al Paranormale, vorrei citare un fatto abbastanza singolare e significativo che mi fu raccontato qualche tempo fa da una conoscente romana e che potrebbe, dico “potrebbe” entrare nel campo della casistica di cui ci stiamo occupando.
La persona in questione s’interessava solo saltuariamente alle Discipline Alternative come fatto di cronaca e niente di più e non aveva mai pensato prima di poter essere sensitiva ella stessa, ma forse potrebbe essere proprio questa la spiegazione di quanto le accade.
La signora, che chiameremo con le sue iniziali M.G., dato che non ho avuto più occasione di sentirla e non so se gradisce essere esplicitamente nominata in questa sede, era un’appassionata d’antiquariato e quando n’aveva la possibilità, si recava a visitare le mostre che di tanto in tanto si tengono nella capitale.
Un giorno trovandosi appunto in uno di tali locali a guardarsi intorno compiaciuta alla ricerca di cose e cosette del tempo che fu, proprio davanti ad un espositore con vari pezzi interessanti, provò ad un tratto un senso di smarrimento e profonda malinconia, come se avesse visto qualcosa di sgradevole, una sensazione penosa, quasi fisica che la indusse ad allontanarsi in fretta da quel punto, senza nemmeno soffermarsi a guardare quanto era esposto. Volgendo Lo sguardo altrove, la spiacevole sensazione cessò immediatamente come era cominciata.
Completato il suo giro, prima di avviarsi all’uscita, però, quell’angoscia che l’attanagliava si ripresentò di nuovo e, con sua grande meraviglia, M.G. si rese conto di ritrovarsi davanti a quel fatidico espositore. Allontanandosi in fretta da quel posto, tutto cessò di nuovo per incanto. A questo punto M.G. si rese conto che qualcosa doveva pur esserci in quel punto esatto da procurarle tanto turbamento. Con riluttanza, ma decisa a chiarire il piccolo mistero, si fece forza per guardare ad uno ad uno tutti gli oggetti esposti. Era sbigottita, confusa e quasi le veniva da piangere sena un perché, ma chiese ugualmente alla venditrice se poteva dirle a chi erano appartenute quelle cose eterogenee che facevano bella mostra di sé.
Cortesemente quest’ultima le rispose che erano tutti pezzi fine Ottocento, appartenuti per la maggior parte alla stessa famiglia che aveva deciso di disfarsene, ma non seppe (o non volle) dirle altro. La Signora M.G., uscendo definitivamente della mostra e ricordando con un misto di curiosità e di tristezza quanto le era capitato, si convinse che evidentemente tutti quegli oggetti o anche soltanto uno di essi le avessero inviato un “messaggio negativo”, forse di qualche tragedia capitata ai loro ignoti proprietari, messaggio che ella era stata in grado di decifrare, ma che l’aveva tanto disturbata a livello psico-fisico.
Le cose sono andate effettivamente cosi o si è trattato solo di ripetute quanto singolari, coincidenze?
Conclusioni definitive non se ne possono trarre, né a favore né contro l’ipotesi psicometria.
La collana della nonna
Del caso che segue sono stata personalmente testimone e, in un certo senso, partecipe.
Ero al corrente delle sue svariate doti paranormali e una sera che C.P. era venuta a trovarmi provai a chiederle, anche per farla esercitare in un campo in cui si era cimentata poche volte, se aveva voglia di provare a fare qualche tentativo con la psicometria.
Sempre gentile e disponibile, col suo dolce ammiccante sorriso, ella aderì volentieri alla mia richiesta.
Andai così a prendere una cosa che lei non aveva mai visto, una collana antica di cristallo di rocca, che mi era molto cara, essendo appartenuta a mia nonna.
Mentre la sensitiva già aveva gli occhi chiusi e stava iniziando la fase di rilassamento, gliela misi fra le mani senza darle, ovviamente, alcun particolare sulla caratteristiche e sulla provenienza dell’oggetto.
C.P. emise un profondo respiro, si concentrò alcuni attimi e poco dopo, con una voce pacata e quasi impersonale cominciò a descrivere le sensazioni che l’oggetto le trasmetteva.
“Ho visto dapprima una nebbia fluttuante grigia e compatta, poi la nebbia si è diradata e ora vedo una bella casa di campagna. Vicino ci sono dei cavalli e in un prato verde giocano dei bambini; ne vedo una in particolare con folti capelli lunghi e chiari legati con un nastro, poi una donna giovane dal viso dolce, i capelli gonfi si vedono sotto un cappello di paglia ornato con fiori e un nastro. La donna ha un vestito primo novecento, a piccole righe, con maniche a prosciutto (gonfie in alto e strette dal gomito al polso, n.d.r.). Era lei la proprietaria della collana”, concluse C.P.
Ero davvero sorpresa; ella aveva descritto con precisione l’aspetto di mia nonna da giovane, quando spesso abitava in campagna e persino quello di mia madre, la bimba con i folti e lunghi capelli chiari.
Mi ricordai in un lampo di una vecchia foto che mia nonna teneva in salotto, finita chissà dove alla sua morte, in cui ella portava un vestito molto simile a quello descritto dalla sensitiva e i capelli gonfi raccolti sul capo! Non avendo possibilità di ritrovare quella vecchia foto, realizzai uno schizzo che poi mostrai a C.P.. La giovane donna del mio schizzo somigliava molto a quello della sua visione, ella disse, salvo che per il vestito che non era tinta unita, ma a piccole righe, insisté.
Da quella volta facemmo qualche altro tentativo, che però non ebbe il successo del precedente.
Nel primo caso fu merito di C.P., di quella mia collana, di una favorevole sintonia che si era stabilita quel giorno, insomma di un insieme di circostanze particolarmente felici o … soltanto del caso? Chissà!