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E’ cosa notoria, ma non a tutti, che in Magia l’atto sessuale è sacro, un vero e proprio rito che nell’antichità sumera-babilonese la sacerdotessa jerodula con il sacerdote officiava negli antichi templi celebrando e rinnovando il mistero del ternario, l’unione dell’eterno maschile con l’eterno femminile, del ciclo con la terra.
Attraverso l’unione rituale si attuava il superamento del bipolarismo esistenziale nell’ambito umano, fra uomo e donna. La jerodulia costituiva il primo grado dell’iniziazione ai Misteri, dove il sacerdote attraverso l’energia raccolta con l’atto magico sessuale, agiva da tramite per realizzare quanto a lui chiesto dai fedeli che a lui si rivolgevano.
Per Misteri si intendeva il culto iniziatico esoterico ascrivibile a una data divinità. Il significato esatto è “silenzio” e starebbe ad esprimere il segreto assoluto al quale erano tenuti gli iniziati. Vi si accedeva per gradi e a ciascuno di essi erano ascrivibili tutta una serie di simbolismi che permettevano di nascondere a chi non lo meritava il significato delle verità che non venivano spiegate mai dall’iniziatore poiché l’iniziazione si fa da soli con i mezzi messi a disposizione dal maestro. I gradi servivano ad operare una selezione tra gli adepti.
Lo jerodulia costituiva il primo grado dell’iniziazione ai Misteri Minori. La jerodula aveva una doppia funzione, da una parte adempiva alla sua funzione pubblica, la prostituzione, dall’altra partecipava alle cerimonie del culto segreto.
Il rituale di questo primo grado comportava una cerimonia di purificazione da attuare attraverso l’acqua. Il secondo grado di ogni iniziazione era un grado magico e le pratiche che vi si svolgevano erano pratiche in cui i fluidi sviluppatisi durante le cerimonie di accoppiamento rituale avevano grande importanza. L’iniziato di questo grado accedeva ai segreti dell’amplesso cerimoniale durante il quale, attraverso le correnti generate dall’amplesso rituale, si polarizzavano i fluidi occorrenti alle operazioni magiche e alle preparazioni di filtri.
Col terzo grado si accedeva al sacerdozio vero e proprio. I sacerdoti, dovevano polarizzare, attraverso le sacre unioni, le emanazioni della potenzialità.
Il primo grado dell’iniziazione si conferiva con il sacramento della jerodulia, mediante il quale il “fedele”, si metteva al servizio completo del sacerdote. Questo sacramento non era obbligatorio come gli altri, ma stava a significare, per coloro che vi si accostavano, la possibilità di accedere ai più alti gradi di perfezionamento, attraverso i numerosi contatti con persone diverse, e mediante il congiungimento attuato secondo rituali particolari, di potenziare il patrimonio energetico ricaricandosi di energie generantesi dall’uso del sesso.
La forza sacra dell’impulso erotico quale forza trascendente, non soltanto in senso mitico, ma anche operativo è riconosciuta da tutte le tradizioni. Per l’Induismo il mondo è generato dall’unione di Shiva, principio maschile, con Shkti, colei che è fatta di desiderio. Shakti è nell’uomo la forza giacente assopita e ripiegata in tutti i chakra o centri di forza del nostro essere inferiore alla base della colonna vertebrale che, risvegliandosi, mediante l’ausilio di tecniche particolari conduce alla grande liberazione, al superamento dei vincoli terreni.
Bisogna però fare una importanze precisazione: al principio, il sesso, non era considerato peccato, anzi il concetto di “peccato” non esisteva, verrà più tardi, con il cristianesimo che lo condannerà, con l’unica eccezione di benedire gli amplessi nell’ambito del sacramento matrimoniale e per fini esclusivamente procreativi, (il piacere provocato dall’amore carnale era peccaminoso ed esecrabile quindi condannato duramente) fino a condurre ad una demonizzazione del piacere condannando la donna, ritenuta tentatrice e corruttrice, quale mezzo di tale perdizione che, condurrà poi nel medioevo, alla tremenda persecuzione della donna vista come strega.
Nell’antichità esisteva una vera propria scienza dell’amore: si insegnavano ai giovinetti con molta cura le pratiche per stimolare il desiderio e provocare cosi maggior piacere. Per spiegare ancora meglio il contesto sacrale nel quale veniva iniziata la gioventù nei templi antichi ai misteri del sesso, ci serviremo delle parole di Evola: “Vi era, da un lato l’usanza, che ogni ragazza giunta alla pubertà non potesse passare ad eventuali nozze prima di aver offerto la sua verginità in un contesto non di amore profano, ma di sacralità: ella doveva darsi nel recinto sacro del tempio a uno straniero che facesse un’offerta simbolica e che invocasse in lei, la dea”.
Questo atto assumeva i caratteri di un rito magico operativo nel quale l’energia generata dall’unione sessuale dei due officianti, andava ad alimentare la corrente di psichismo che faceva da corpo alla presenza della dea e allo stesso tempo veniva trasmesso a colui con il quale si congiungeva, l’influenza e la virtù della dea evocata.
La perdita della verginità assumeva un carattere sacrale, e le giovinette offrivano la primizia del loro corpo alla deità. Molto spesso era un sacerdote che compiva l’operazione mediante l’officiazione di un vero e proprio rituale. Anche in questo caso la dinamica di svolgimento della cerimonia assumeva caratteristiche diverse a secondo delle tradizioni dei culti a cui si riferiva. Più tardi, all’alba della civiltà greca, nella religione di Dionisio, la perdita della verginità si praticava per mezzo di un simulacro fallico che le vergini dovevano introdurre offrendo, a questo simulacro dell’atto procreatore, le primizie della loro carne. Nella religione di Dioniso è l’intero corpo che viene prostituito al dio al contrario del culto di Venere per il quale l’offerta si limitava alle sole membrane virginali.