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Nel secondo anno del suo regno, Nabucodònosor fece un sogno e il suo animo ne fu tanto agitato da non poter più dormire. Allora il re ordinò che fossero chiamati i maghi, gli astrologi, gli incantatori e i caldei a spiegargli i sogni. Questi vennero e si presentarono al re… “ditemi il sogno e io saprò che voi siete in grado di darmene anche la spiegazione”. I caldei risposero davanti al re: “Non c’è nessuno al mondo che possa soddisfare la richiesta del re: difatti nessun re, per quanto potente e grande, ha mai domandato una cosa simile ad un mago, indovino o caldeo. La richiesta del re è tanto difficile, che nessuno ne può dare al re la risposta, se non gli dèi la cui dimora è lontano dagli uomini”. 19 Allora il mistero fu svelato (da Dio) a Daniele in una visione notturna; perciò Daniele benedisse il Dio del cielo: 20 “Sia benedetto il nome di Dio di secolo in secolo, perché a lui appartengono la sapienza e la potenza. Egli alterna tempi e stagioni, depone i re e li innalza, concede la sapienza ai saggi, agli intelligenti il sapere. Svela cose profonde e occulte e sa quel che è celato nelle tenebre e presso di lui è la luce. Gloria e lode a te, Dio dei miei padri, che mi hai concesso la sapienza e la forza, mi hai manifestato ciò che ti abbiamo domandato e ci hai illustrato la richiesta del re”. Io Nabucodònosor ero tranquillo in casa e felice nella reggia, quando ebbi un sogno che mi spaventò. Le immaginazioni che mi vennero mentre ero nel mio letto e le visioni che mi passarono per la mente mi turbarono. Feci un decreto con cui ordinavo che tutti i saggi di Babilonia fossero condotti davanti a me, per farmi conoscere la spiegazione del sogno. Allora vennero i maghi, gli astrologi, i caldei e gli indovini, ai quali esposi il sogno, ma non me ne potevano dare la spiegazione. Infine mi si presentò Daniele, chiamato Baltazzàr dal nome del mio dio, un uomo in cui è lo spirito degli dèi santi, e gli raccontai il sogno dicendo: “Baltazzàr, principe dei maghi, poiché io so che lo spirito degli dèi santi è in te e che nessun segreto ti è difficile, ecco le visioni che ho avuto in sogno: tu dammene la spiegazione”. Il re Baldassàr imbandì un gran banchetto a mille dei suoi dignitari e insieme con loro si diede a bere vino. Quando Baldassàr ebbe molto bevuto comandò che fossero portati i vasi d’oro e d’argento che Nabucodònosor suo padre aveva asportati dal tempio, che era in Gerusalemme, perché vi bevessero il re e i suoi grandi, le sue mogli e le sue concubine. Furono quindi portati i vasi d’oro, che erano stati asportati dal tempio di Gerusalemme, e il re, i suoi grandi, le sue mogli e le sue concubine li usarono per bere; mentre bevevano il vino, lodavano gli dèi d’oro, d’argento, di bronzo, di ferro, di legno e di pietra. In quel momento apparvero le dita di una mano d’uomo, le quali scrivevano sulla parete della sala reale, di fronte al candelabro. Nel vedere quelle dita che scrivevano, il re cambiò d’aspetto: spaventosi pensieri lo assalirono, le giunture dei suoi fianchi si allentarono, i ginocchi gli battevano l’uno contro l’altro. Allora il re si mise a gridare, ordinando che si convocassero gli astrologi, i caldei e gli indovini. Appena vennero, il re disse ai saggi di Babilonia: “Chiunque leggerà quella scrittura e me ne darà la spiegazione sarà vestito di porpora, porterà una collana d’oro al collo e sarà il terzo signore del regno”. Allora entrarono nella sala tutti i saggi del re, ma non poterono leggere quella scrittura né darne al re la spiegazione. C’è nel tuo regno un uomo, in cui è lo spirito degli dèi santi. Al tempo di tuo padre si trovò in lui luce, intelligenza e sapienza pari alla sapienza degli dèi. Il re Nabucodònosor tuo padre lo aveva fatto capo dei maghi, degli astrologi, dei caldei e degli indovini. 12 Fu riscontrato in questo Daniele, che il re aveva chiamato Baltazzàr, uno spirito superiore e tanto accorgimento da interpretare sogni, spiegare detti oscuri, sciogliere enigmi. Si convochi dunque Daniele ed egli darà la spiegazione”. I caldei risposero davanti al re: “Non c’è nessuno al mondo che possa soddisfare la richiesta del re: difatti nessun re, per quanto potente e grande, ha mai domandato una cosa simile ad un mago, indovino o caldeo. Daniele, davanti al re, rispose: “Il mistero di cui il re chiede la spiegazione non può essere spiegato né da saggi, né da astrologi, né da maghi, né da indovini; Dio concesse a questi quattro giovani di conoscere e comprendere ogni scrittura e ogni sapienza e rese Daniele interprete di visioni e di sogni. Terminato il tempo stabilito dal re entro il quale i giovani dovevano essergli presentati, il capo dei funzionari li portò a Nabucodònosor. Il re parlò con loro, ma fra tutti non si trovò nessuno pari a Daniele, Anania, Misaele e Azaria, i quali rimasero al servizio del re; in qualunque affare di sapienza e intelligenza su cui il re li interrogasse, li trovò dieci volte superiori a tutti i maghi e astrologi che c’erano in tutto il suo regno.
Dice JHWH:
Io svento i presagi degli indovini, dimostro folli i maghi, costringo i sapienti a ritrattarsi e trasformo in follia la loro scienza;
Dice S.Tommaso d’Acquino:
“Se il miracolo – egli dice – si prende in senso stretto, allora né i demoni possono fare miracoli né alcun’altra creatura, ma Dio solo: perché il miracolo in senso stretto trascende l’ordine di tutta la natura creata, il quale abbraccia la virtù di tutte le creature. Tuttavia vengono denominati miracoli, in senso lato, anche quei fenomeni che trascendono soltanto le forze e le conoscenze dell’uomo. E in questo senso i demoni possono compiere miracoli, cioè opere tali da fare stupire gli uomini perché superiori alle loro forze e alle loro conoscenze. Dei resto anche chi compie un’impresa superiore alle capacità di un altro, induce costui ad ammirarla, dando l’impressione di compiere un miracolo”.
Quindi, specificando ancora di più per quel che si riferisce alle opere diaboliche, prosegue: “Ora, riguardo alle opere demoniache che a noi sembrano miracoli, è da notare che, sebbene non posseggano la natura del vero miracolo, sono nondimeno fatti reali. Così, per virtù dei demoni, i maghi del Faraone produssero veri serpenti e vere rane. E ‘quando – ci dice S. Agostino – cadde fuoco dal cielo e distrusse i servi di Giobbe insieme con i greggi e gli armenti; e un turbine, abbattendo la casa, uccise i suoi figliuoli, queste opere compiute da Satana furono fatti reali, e non mere apparenze (De G. Dei, lib. XX, c. 19) ‘, (I, q. 114, a. 4).
Altre delucidazioni S. Tommaso ha occasione di presentare quando si propone “Se gli angeli possano operare miracoli” (I,q.110,a.4). Egli parte dalla definizione di miracolo come “fatto che si verifica fuori dall’ordine della natura”, e precisamente “al di là dell’ordine di tutta la natura creata”. Ciò posto, egli enunzia: “una tale cosa può compierla soltanto Dio, perché tutto quello che opera un angelo, o qualunque altra creatura, con la propria virtù, rientra nell’ordine della natura creata, e quindi non è miracolo” (I, q. i 10, a. 4).
La dottrina viene ulteriormente dilucidata nel rispondere alla seconda difficoltà, tratta da un’opera spuria di S. Agostino (Liber XXI Sententiarum)’, in cui si dice che già i maghi potevano operare miracoli, e quindi molto di più gli angeli buoni e i cattivi. Ora S. Tommaso risponde: “Come si è detto , miracoli veri e propri sono i fatti che trascendono l’ordine di tutta la natura creata. Ma perché noi non conosciamo tutte le forze della natura, ne segue che un fatto compiutosi fuori dell’ordine della natura da noi conosciuta, per mezzo di una virtù creata, si dica miracolo, non in senso assoluto, ma relativamente a noi. Perciò, quando i demoni compiono delle opere con le loro forze naturali, queste opere non sono miracoli in senso assoluto, ma soltanto relativamente a noi. Tali dunque sono i miracoli che i maghi compiono per mezzo dei demoni” (ad 2).
Come si vede, con l’argomento qui toccato si collega tutto quello che riguarda la cosiddetta magia “nera”, e su questa sono particolarmente importanti alcuni capitoli della Summa contra Gentiles (111, 103-107), dove S. Tommaso sviluppa largamente questa materia. Egli affronta le seguenti questioni: “In che modo le sostanze spirituali possano operare cose meravigliose, che tuttavia non sono veri miracoli” (c. 103); “Le opere della magia non dipendono esclusivamente dall’influsso dei corpi celesti” (c. 104); “Donde esse derivano la loro efficacia ?” (c. 105);”Le sostanze intellettive (=spiriti) che rendono efficaci le opere dalla magìa non sono moralmente buone (c.106)”Esse non sono però cattive “per natura “(c.107)…ma per scelta, per ribellione a Dio che le ha create buone.