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Dopo una prima fase, in cui le pratiche di magia popolare non erano particolarmente malviste, a metà del trecento le cose cominciano a cambiare. in peggio, naturalmente…
Ritornando al processo da cui siamo partiti, le carte processuali di Ruggero e Beltramino ci dicono qualcosa in più sulle attività svolte dalle due imputate. Pierina e Sibilla sapevano entrambe predire il futuro e svelare le cose occulte (futura et oculta) e, in particolare, la prima pare conoscesse i segreti delle erbe (virtutes herbarum), delle malattie e dei malefici. Tutte cose, queste, che ci suonano più familiari, che rientrano in quello che noi oggi immaginiamo dovessero fare le streghe medievali. Certamente cose che ebbero una reale pratica all’epoca di Beltramino, e anche molto prima.
Ma per avere una visione più completa delle pratiche “stregoniche”, perlomeno quelle diffuse le accuse diventeranno monotonamente diabolismo e partecipazione al sabba delle streghe, gli atti del notaio Hermenzarius non ci bastano.
I PENITEZIALI
In mancanza di diari e scritti vergati da presunte streghe, potremmo cominciare a rivolgerci a un altro tipo di letteratura, ricca di elementi di magia e religiosità popolare: i Penitenziali.
Questi, libri poenitentiales, sono brevi testi che contengono elenchi di peccati con la relativa indicazione di una penitenza o ammenda da infliggere al peccatore. Nati in Irlanda verso il VI secolo, giunsero nel Continente con San Colombano, per diffondersi abbastanza presto dappertutto. Ebbero però vita breve e , già criticati dal concilio di Chalon (813) e in quello di Parigi (829) cominciarono a essere ritirati dalla circolazione, e spesso bruciati.
Questi libri sono importanti, anche perché ci aprono una finestra su un mondo di tradizioni e credenze medievali che altrimenti sarebbero rimaste sconosciute. Così dal Poenitentiale Arundel, veniamo a sapere che era proibito (e quindi qualcuno lo faceva) danneggiare il raccolto altrui per mezzo di un maleficio, credere nel malocchio, nei mezzi magici per aumentare o diminuire la passione amorosa, fare sacrifici nelle grotte , oltre che evidentemente credere di partecipare al volo notturno delle “femine malefiche”.
“VINCA LA LUNA”
Troviamo cose analoghe anche nel Poenitentiale Egberti, con l’aggiunta però di una nuova superstione: accompagnare l’eclissi di Luna con urla sguaiate. A descrivere meglio questa insolita superstizione sarà, nel IX secolo, l’arcivescovo di Magonza Rabano Mauro, raccontando di una notte in cui fu spaventato da una moltitudine di persone che, brandendo armi, tirando frecce verso la Luna e scagliando torce accese verso il cielo facevano un gran baccano, urlando una sorta di grido di guerra: “Vinceluna”, vinca la luna!.
Ma Rabano non vuole inquisire nessuno: “Mi misi a ridere e mi meravigliai che, nella loro semplicità, quei cristiani volessero aiutare Dio, come se, malato e debole, fosse incapace senza l’aiuto delle nostre voci di difendere l’astro da lui creato.
TRENTA GIORNI A PANE E ACQUA
Un altro di questi tariffari fu il Decretum del già visto Bucardo, scritto tra il 1008 e il 1012, soprattutto il libro XIX, conosciuto e circolante anche separatamente con il titolo di Corrector sive medicus. “Hai consultato maghi o li hai portati in casa per assicurarti fortuna o per scacciare il malocchio? Hai fatto venire in casa, come fanno i pagani, degli indovini perché predicano il futuro, quasi fossero profeti, oppure coloro che fanno sortilegi e credono di prevedere il futuro?..
Se hai fatto ciò, 2 anni di penitenza nei giorni stabiliti. Credenze abbastanza comuni, che si affiancano ad altre legate all’ingresso dell’anno nuovo: “Hai festeggiato l’inizio dell’anno nuovo come fanno i pagani, svolgendo rituali insoliti, ossia preparando un banchetto, ponendo dei sassi sulla mensa, oppure hai guidato gruppi di cantori per strade e piazze?.. ti sei fatto cuocere del pane che, se ben lievitato, ti avrebbe predetto fortuna per tutto l’anno?
Ricordando sempre che Perchta e le varie figure femminili incontrate da Beltramino erano anche protettrici delle filatrici, leggiamo ancora: “Hai preso parte o creduto a quelle pratiche superstiziose a cui attendono alcune donne nell’ordire tessuti nelle loro filande? Al principio del loro lavoro credono che, intrecciando la trama con incantesimi e formule magiche, l’intero tessuto sarà inutilizzabile, a meno che non si pronuncino altri incantesimi e formule magiche. Se hai preso parte o creduto ciò, farai penitenza a pane e acqua per 30 giorni.
Le domande riguardavano anche le attività più “innocenti”: “Hai mai confezionato amuleti o portafortuna diabolici, come fanno certi, istigato dal demonio? Hai mai preparato filtri o pozioni diaboliche? Hai compiuto, il giovedì, riti in onore a Giove? Se lo hai fatto, 40 giorni di penitenza a pane e acqua”. Non dobbiamo dimenticare, inoltre, che anche Burcardo parla di omicidi rituali e di cannibalismo.
Sono pochi tratti, quelli qui esposti, ma riassumono le tante credenze e i rituali dispersi in varie fonti documentarie che potremmo ritrovare in diverse zone d’Europa, oltre che d’Italia. Sono più o meno le credenze di cui furono accusate Sibilla, Pierina e le migliaia di persone che ebbero la sventura di incappare nell’accusa di stregoneria.
IL CANTO DEL CUCULO
Queste forme di stregoneria e magia popolare, erano diffuse già secoli prima delle nostre due imputate. Solo, sembra che coloro che si interessavano di tali credenze, giudici, predicatori, dotti uomini di Chiesa, non la prendessero troppo sul serio, arrivando talvolta a ridicolizzare.
A riguardo del predire il futuro e le cose occulte, il predicatore domenicano Stefano di Bourbon aveva le idee molto chiare, che non coincidevano con quelle dei suoi colleghi che esaminarono le due donne 140 anni più tardi.
Ci racconta infatti il caso di una venula sortilegia che, avendo sentito cantare il I° maggio un cuculo per cinque volte, concluse che sarebbe vissuta ancora cinque anni. Invero però si ammalò poco dopo e la figlia, preoccupata per la sua anima, tentò di convincerla a fare penitenza, preparandosi così alla morte. Ma la vecchia la rassicurò: aveva ancora cinque anni di tempo, non c’era alcun dubbio. Ma le sue condizioni peggiorarono visibilmente finchè non ebbe quasi al forza di parlare, se non di ripetere cinque volte la parola “cuculo”. Le forze l’abbandonarono e spirò lentamente, ma con le cinque dita della mano alzate.
Quasi in forma di barzelletta, ciò che Stefano vuole sottolineare con il suo exemplum non è tanto la condanna verso una credenza “diabolica”, quanto la più ragionevole preoccupazione che accettare tale “folle credenza” poteva significare morire senza aver fatto penitenza, e quindi essere dannati.
VECCHIE IMBROGLIONE
Lo stesso atteggiamento mantiene verso la presunta capacità di svelare le cose nascoste. Sempre una vecchia (pauper vetula ), stavolta povera, fece rubare al figlio alcune mucche di un contadino, nascondendole nel folto della foresta . Il ragazzo poi andò dal legittimo proprietario e gli assicurò che il suo caso sarebbe stato risolto da un’indovina, un’optima indovina di sua conoscenza. Era anche così, secondo il predicatore, che agivano i ciarlatani, che non sanno niente di futuro.
Stefano di Bourbon mette in ridicolo anche un’altra credenza, quella ormai nota dei viaggi delle bonae res. Sempre una vetula sostiene di essere penetrata nella casa del suo parroco, attraverso porte e finestre chiuse.
Trovandolo tutto nudo nel letto a dormire lo coprì di fretta con un lenzuolo, evitando così che la sua pretesa di passare attraverso le porte chiuse era pura illusione.
ANIME IN PENA
Ma non tutti saranno così indulgenti riguardo a queste credenze, soprattutto verso quest’ultima, tanto simile a quella dei mori che viaggiano di notte al seguito di misteriose figure.
Le varie credenze intorno a Diana (Erodiade, Perchta, Dame Abonde, Satia) e le sue compagne, verso quel sinistro “esercito di morti” che vaga nell’oscurià della notte, intorno al XII secolo cominciarono ad essere viste con altri occhi. Come ben ci hamostrato Le Goff in quest’epoca si era formato il concetto di Purgatorio, rappresentazione ecclesiastica del destino delle anime in quel lungo periodo compreso tra il trapasso e il Giudizio Universale. Era lì il luogo, l’unico luogo, in cui era lecito pensare vagassero le anime, non altrove. In questa “normalizzazione” delle relazioni tra vivi e morti, le schiere di anime vaganti saranno escluse, nelle versioni maschili di esercito, o femminili di “cose buone” o “buone donne”. Dopo la nascita del Purgatorio queste anime disordinate e turbolente, pericolosamente al di fuori del controllo ecclesiastico, non avevano più ragion d’essere: cominciano ora a essere demonizzate, assimilate alle lamie e alle strige di romana memoria, accusate di aver fatto un patto con il demonio.