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di Mario Pagni
L’alchimia è la parte meno conosciuta della storia delle scienze. L’oscurità degli scritti ermetici, l’opinione generalmente diffusa che le ricerche relative alla pietra filosofale e alla trasmutazione dei metalli non sono altro che un insieme di assurdità e di follie, hanno purtroppo sviato da questo soggetto l’attenzione degli studiosi.
L’oggetto dell’alchimia è proprio, almeno ad un primo sommario esame, lo studio e la successiva realizzazione della tecnica di trasmutazione dei metalli non sono altro che un insieme di assurdità e di follie, hanno purtroppo sviato da questo soggetto l’attenzione degli studiosi.
L’oggetto dell’alchimia è proprio, almeno ad un primo sommario esame, lo studio, e la successiva realizzazione della tecnica di trasmutazione dei metalli; in sostanza mutare i metalli vili in metalli cosiddetti nobili, fare oro e argento con mezzi artificiali, tale fu lo scopo di questa singolare scienza che non conta meno di quindici secoli di durata.
In realtà si tratta di una cosa assai più complessa e lontana da ogni facile approccio, anche e solo filosofico se non si è ben guidati e senza una preventiva adeguata preparazione. Una celeberrima quanto enigmatica figura di alchimista è Fulcanelli: su di lui si indaga da più di cinquant’anni, egli ricorda cosi da vicino il Conte di Saint Germain al punto che alcuni avanzano addirittura l’ipotesi che possa trattarsi della stessa persona.
Lo stesso nome, che è uno pseudonimo, sembra sia un’approssimazione fonetica di Vulcano, il fabbro degli dei, e Helios, il dio del Sole, Eugène Canseliet, discepolo di Fulcanelli, cosi scriveva del suo misterioso maestro nella prima edizione del “Mistero delle Cattedrali”, opera sconcertante per ermetismo e simbolismo alchemico prodotta da Fucanelli:
“Per il discepolo è un compito ingrato e difficile presentare un’opera scritta dal proprio Maestro. Perciò la mia intenzione non è quella di analizzare “Il mistero delle cattedrali”, né di sottolineare il bello stile e il profondo insegnamento. Confesso umilmente la mia incapacità e preferisco lasciare ai lettori il compito di apprezzare il libro, e ai Fratelli di Heliopolis la gioia di raccogliere questa sintesi, esposta così magistralmente da uno di loro. Il tempo e la verità faranno il resto.
Già da molto tempo, ormai, l’Autore di questo libro non è più fra noi. L’uomo si è eclissato”.
E’ da notare subito che il termine usato per indicare l’avvenuta scomparsa del Maestro, e cioè “eclissato”, non vuole affatto significare deceduto o scomparso qui sulla terra, bensì volatilizzato, sparito nel nulla dopo – sembra – aver compiuto la Grande Opera.
Fu proprio nella Parigi degli anni venti che iniziò la storia ai confini del leggendario di Fulcanelli; in quel periodo infatti cominciarono a circolare delle voci riguardanti un maestro alchimista che aveva iniziato a lavorare in gran segreto nella capitale francese.
Il primo a parlarne fu il citato Eugène Canseliet, che assieme ed un suo amico Jean Julien Champagne, un artista che abitava nell’appartamento vicino al suo, al sesto piano di un vecchio edificio in Rue Rochechouart 59, a Monmartre, fondò un circolo di occultismo intorno al quale cominciarono a gravitare numerosi appassionati e studiosi di pratiche alchemiche. Nessuno di essi però conosceva la vera identità del misterioso maestro che si sapeva però ricco, molto cotto e di veneranda età, questo almeno secondo le descrizioni dei seguaci più vicini a Fulcanelli.
Ad eccezione degli stessi Canseliet e Champagne, nessuno lo aveva mai incontrato, e ci sembra inutile dire quando fosse il desiderio e la curiosità da parte degli altri membri del circolo, specialmente sapendo che il maestro era ormai prossimo a realizzare la “Grande Opera”, cioè ottenere la pietra filosofale e l’elisir di lunga vita.
Nell’autunno del 1926, quando già molti dubitavano della sua esistenza, comparve lo sconcertante volume, dal titolo “Il mistero delle cattedrali”; del volume ne furono stampate all’inizio soltanto trecento copie in un’edizione di lusso dalla casa editrice dello stesso Canseliet il quale, allora, aveva appena 26 anni; Champagne curò invece da buon artista qual era, le illustrazioni. Il misterioso maestro, nel libro, si proponeva l’interpretazione dei vari simboli, in pietra, legno e vetro, che caratterizzavano gli aspetti stilistici e decorativi di alcune cattedrali gotiche; Fulcanelli sembrava convinto che al di fuori dell’interpretazione religioso-cristiana, i simboli erano istruzioni in codice di segreti alchemici, cosa che era stata già intuita da molti scrittori di esoterismo, ma che non aveva mai avuto una verifica diretta.
La ipotesi sull’identità del fantomatico personaggio si moltiplicarono; ci fu chi sostenne che si trattasse di un discendente della grande casata dei Valois, rimasti celebri nella storia della Francia, non solo per le vicende a cui presero parte ma anche perché parecchi membri di quella grande famiglia, compreso l’ultimo re Enrico III, si interessarono alla magia.
Anche Canseliet e Champagne, in tempi e modi diversi, furono sospettati di celare sotto i loro nomi il Fulcanelli, ma chi ha avuto modo di approfondire l’argomento si è facilmente accorto che né l’uno né l’altro, per età diversa, o per altre caratteristiche, non potevano esserlo. Del resto conosciamo la fine di Champagne, che addirittura in un certo periodo si spacciava per il maestro; lui non scomparve nel nulla ma essendo un forte bevitore di assenzio morì dopo atroci sofferenze, assistito dallo stesso Canseliet, nel 1932.
Dopo l’uscita della seconda opera del misterioso alchimista dal titolo “Le dimore filosofali”, che trattava come il primo dell’interpretazione dei simboli architettonici, ma con un excursus temporale che arrivava fino al secolo XV, fu azzardata una nuova ipotesi che lasciò un po’ tutti esterrefatti.
F. Jolivet Castelot presidente della società degli alchimisti francesi e membro della Rosa Croce, affermò che Fulcanelli sarebbe stato nientemeno che una probabile reincarnazione di un abate alchimista di Mont Saint Miche, vissuto nel secolo XIII, tale Robert Jollivet, questo perché dietro la copertina di tutti e due i volumi era disegnato lo stemma o emblema usato in antico dell’abate, quasi un segno per far capire ad uomini di un’altra epoca che stranamente si trattava ancora di lui.
Dopo la sua morte, sulla lapide di Champagne fu scolpita un’iscrizione:
“QUI RIPOSA JEAN JULIEN CHAMPAGNE APOSTOLICUS HERMETICAE SCIENTIAE”.
Essendo le iniziali delle ultime tre parole latine, corrispondenti a quelle della presunta firma di Fulcanelli, come appare sul libro “Il mistero delle cattedrali”, cioè “A.H.S. Fulcanelli”, si riaffacciò per un periodo di tempo l’ipotesi che il grande maestro potesse essere stato proprio Champagne, ma fu lo stesso Canseliet, amico del defunto artista e diretto discepolo di Fulcanelli a smentire il tutto.
Comunque sembra che Champagne, secondo Robert Ambelain noto esperto in scienze occulte di quegli anni, fosse riuscito a trovare sia la pietra filosofale che l’elisir di lunga vita, tre anni prima della sua morte. Male si spiega però, almeno dal punto di vista umano in senso tradizionale, come mai nonostante questa incredibile scoperta Champagne soffrisse di alcolismo cronico e che morisse addirittura prematuramente a 55 anni di età.
Nel 1922, in una officina del gas di Sarcellès, Eugène Canseliet servendosi di una minima quantità della cosiddetta “polvere di proiezione”, donata al suo discepolo dallo stesso Fulcanelli, eseguì un esperimento di trasformazione in oro di 100 grammi di piombo, ed ebbe anche il conforto della presenza di due testimoni, l’amico Champagne e un giovane chimico, Gaston Sauvage.
Mistero della sua vera identità dunque, ma anche mistero sui meccanismi alchemici che consentivano allo stesso Fulcanelli, ma anche ai suoi discepoli, di realizzare cose inconcepibili anche per la moderna chimica. Dietro a questo non può esserci che una spiegazione: la profonda conoscenza delle capacità dell’essere e il possesso della chiave dei più reconditi misteri della natura che ci circonda.