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Perché si giudichi della necessità vitale del diavolo per la santità dell’ecclesia, che così autorizzata esercita santamente la sua giustizia repressiva, cito un aureo testo attuale riedito doverosamente da Mondadori (dopo la Piemme clericale), il cui catalogo negli ultimi decenni è inflazionato di testi “religiosi”: Il diavolo di mons. C.Balducci (1988, 1994), sottotitolo originario “…esiste e lo si può riconoscere”. Il libro è stato preceduto da una trattazione professionale su La possessione diabolica (Mediterranee, 1974, 1988). L’autore, demonologo e principe degli esorcisti (ancora oggi ce ne sono!), è un personaggio anche televisivo autorevole in Vaticano, che ha scritto il libro per combattere un’eresia del blasfemo ex abate Franzoni, spretato autore di un libro gravemente provocatorio, Il diavolo mio fratello, “dove si nega l’esistenza del diavolo”, inauditamente! Mi limito a citare, come caso psichiatrico incurabile, dalla risposta di C.Balducci, un solo breve capoverso introduttivo: “Leggendo il volume, come pure altri scritti del genere, mi aveva fatto viva impressione vedere gli equivoci da cui si partiva, leggere i ragionamenti non corretti e capziosi e seguire le subdole argomentazioni che si andavano sviluppando pur di togliere di mezzo un essere, la cui esistenza ci è stata manifestata da Dio e appare talmente evidente dai Testi Sacri, che mai dei teologi nella storia bimillenaria della Chiesa avevano pensato di poterla negare”!
Balducci candidamente cala dal suo cielo affollato di angeli, nella corte di Cristo-Re, ma anche di diavoli a poca distanza sia pure nei piani più bassi, e sbalordisce perché qualcuno possa dubitare dell’esistenza del suo Satana, a lui così familiare in quanto “massimo esperto in tema di possessione diabolica” e di esorcismi, che il diavolo lo vede e lo ascolta e si può dire lo tocca con mano trepida ma impavida, armata dallo “Spirito Santo”, a cui difatti il libro di testimonianza personale è giustamente dedicato. Davvero non c’è più religione, se “purtroppo in questi ultimi decenni” gli è toccato “assistere anche a una negazione del genere, quale assaggio di una vasta crisi dottrinale che sta imperversando tra il clero”. Passi la “morte di dio”, un concetto se non una realtà a cui anche le gerarchie vaticane si sono dovute assuefare da un secolo, subendone perfino ripercussioni teologiche interne, ma la “morte del diavolo” no, è un paradosso intollerabile da uomini di chiesa antichi e modernissimi come Balducci, esorcista e demonòlogo sommo, che altrimenti perde il mestiere.
Sentite quali denunce demenziali continua a dettargli lo “Spirito Santo” (“che ho pregato e fatto pregare perché mi aiutasse e illuminasse in un argomento così tenebroso”): “Specie infatti nel periodo post-conciliare si è andata formando una corrente teologica, che pur in aperto contrasto con l’insegnamento biblico, con il Magistero Ecclesiastico e con il comune sentire di sempre va affermando e propagandando la morte di satana. E i religiosi, le religiose, gli ecclesiastici, privi di una formazione specifica in materia, continuano ad assorbire un veleno che viene loro propinato con arti e con astuzie non facili a vedersi. Gli stessi teologi di questa corrente non si rendono conto di essere divenuti in tal modo collaboratori e strumenti di quel diavolo a cui ritengono di aver dato l’addio!” (pp.11-12). Il demonologo esorcista padre Surin fu diagnosticato di psicopatie, per ossessione diabolica, e nei suoi anni, più di tre secoli ora sono, dovette subire ricoveri e trattamenti umilianti; padre Balducci, fornendo una sindrome in tutto simile, ne riceve riconoscimenti vaticani, e pubblica i suoi libri involontariamente autoparodici, vantando qualche decina di edizioni, e ringraziando “il Signore per avere benedetto il diffondersi” del libro! E’ sufficiente qui tale segnalazione a confermare – occorre insistere – la straordinaria centralità che nel teismo cristiano (non solo cattolico) conserva una mitologia diabologica, complementare alla teologia cristologica. Basta pensare che “un primato in materia demoniaca lo ha il Concilio Vaticano II”, che ne parla 18 volte, e un altro primato analogo lo hanno i due ultimi modernissimi papi, Paolo VI e Giovanni Paolo II, Wojtyla regnante, con numerosi interventi autorevolissimi e competentissimi, tutti documentati nel libro prezioso. Esattamente come per la deificazione dell’uomo-Cristo, l’edificazione mitologica ha le stesse motivazioni e procedure dissimulate, le medesime necessità politico-religiose, e perciò le gerarchie ne difendono con tanto accanimento psichiatrico, eseguendo direttive e “ispirazioni” del Vicario, non solo la “presenza” occulta nell’inconscio e nella superstizione popolare, ma la oggettiva “esistenza” scientificamente provata, come qui si assicura.
E’ infatti la chiesa – come ho detto e ripetuto sopra – per sua tradizione antica, a difendere strenuamente la co-esistenza di Dio e del Diavolo, quindi la “esistenza” necessaria di entrambi: il Bene e il Male antagonisti coessenziali, nel manicheismo dogmatico della chiesa cattolica. Sicché nella diffusa tendenza del secolo, a “spiegare” o “demitizzare” in chiave neuropatologica e psicoanalitica o alpiù “paranormale” il demonico, di cui si ha un’interessante rappresentazione nei citati volumi collettanei di L’autunno del diavolo, specialmente nel vol.II, si assiste allo spettacolo paradossale di una difesa di ufficio ecclesiastica spinta all’esasperazione, col sostegno supposto di “laici” sempre molto dubbi. Come Franco Ferrarotti che, in un capitolo del suo glorioso libello Il paradosso del sacro (Laterza 1983), il cap.IV dal titolo “La presenza del Maligno”, frena l’ottimismo razionalista circa la dissoluzione delle idee di “possessione diabolica”, e quindi di “esorcismo”, ancora oggi praticati a cura delle istituzioni ecclesiastiche, detentrici del “sacro” e del “divino”, quindi del “diabolico”.
Pute Ferrarotti sulla scorta di studi recenti, di cui riferisce, ha facilità a “dimostrare” o confermare la persistenza del “diabolico” nel mondo contemporaneo. Ma aldilà delle amplificazioni pubblicistiche, con cui si può e si vuole ancora demonizzare tutto, e specialmente i fasti e nefasti della “modernità”, sempre invisa ai conservatori di “valori perenni”, a difesa del “sacro” e della beata irrazionalità devozionale, è impossibile che la mentalità demonizzante e le psicopatie sottostanti si dissolvano, finché durerà autoritariamente dogmatizzata, sempre temibile nella persistente coercizione dell’autorità ecclesiastica, la credenza e superstizione teistica, che implica e per così dire “obbliga” quella diabolica, nella perpetuazione continuamente alimentata e sovreccitata del “sacro”.
Sono purtroppo obbligato a ripigliare, per prova e per denuncia, i libri tragico-umoristici del medioevale mons. C.Balducci che, secondo la presentazione editoriale, “è uno dei più noti demonologi viventi e il massimo esperto in tema di possesione diabolica”, che da anni opera all’interno di importanti uffici vaticani, già “Officiale della Congregazione De Propaganda Fide, Direttore dell’ufficio Evangelizzazione e Culture e responsabile dell’Ufficio Relazioni Pubbliche”! Sorvolo appena su La possessione diabolica, che pure è brevemente presentato dallo psicoanalista Emilio Servadio, con cautele e distinzioni molto riduttive, perché tutta la materia di questo precedente libro, di fatto è rifusa e aggiornata nell’ultimo, espressamente intitolato Il diavolo, di cui l’autore finalmente fa il vero e solo protagonista delle “possessioni diaboliche”.
Opportunamente Servadio riduce a fenomeni psichiatrici e psicoanalitici, o al più “parapsicologici”, quelli attribuiti ai “presunti ‘indemoniati'”, evocando il “demoniaco” che si annida in ogni uomo, con evidente presa di distanza. “Vogliamo chiamare ‘diavolo’ questo male, personificando in una specifica entità fuori di noi quella parte oscura dell’essere che diventa tenebra fitta al suo fondo, e che sembra costituire la forza propellente di tanti ‘mali’ morali e materiali che ci affliggono?” (op.cit., p.8). Alla fine il margine che resta all’intervento del prete antidiavolo detto “esorcista” sembra molto limitato e vago, nei casi d’impotenza delle terapie mediche, sempre riconoscendo tuttavia al ‘demoniaco’ “la possibilità di sublimizzarsi e di elevarsi”, per intervento di “certe forze spirituali”, che dovrebbero depotenziare la forza distruttiva del “male” nel “posseduto” (p.9). E anche il libro di Balducci La possessione diabolica, prevalentemente descrittivo e attinente ai “fenomeni”, a partire da tre casi “reali” di diabolicità conclamata, si accorda a queste limitazioni, approdando alla determinazione di quella che sarebbe “La vera possessione diabolica”, e ai criteri innovatori di accertamento “diagnostico” proposti dall’autore.
Altro taglio polemico e altro orizzonte “diabologico” ha però il più recente libro, Il diavolo, dove sconcerta subito una specie di candore protervo, che nel bimillennio abusivamente “cristiano” meriterebbe solo una parafrasi satirica, per una lettura tragicomica, se appunto la candida-astuta protervia ecclesiastica non richiedesse più energici contrasti. Ho già detto che il dichiarato spunto polemico era offerto dall’uscita del libro di Franzoni (ex abate della basilica di S.Paolo ridotto al laicato, espressione autoritativa esemplare della chiesa romana, che appende o sospende al “divino” chi vuole o disvuole), dal titolo provocatorio Il diavolo, mio fratello (Lerici 1986). Franzoni fra l’altro concordava con Papini (Il diavolo. Appunti per una futura diabologia, Vallecchi 1954), che si proponeva “di farlo comprendere, cristianamente, ai cristiani” (p.17), nella posizione giudicata “eretica”, che risaliva a Origene (sec.III) e che riteneva possibile la “salvezza” anche del diavolo, come creatura e servitore del medesimo Dio!
Il monsignore vaticano reagisce scandalizzato per la negazione diffusa del diavolo nero, nemmeno a torto dal suo punto di vista, perché negare Satana equivale a negare Dio stesso creatore, che è pure suo Signore. E senza ritegno autocritico, come davanti a un uditorio infantile, ri-racconta stancamente la mitologia catechistica dell’angelo caduto, perché “divenuto liberamente cattivo”, anzi cattivissimo: questa la sola “verità” attestata da Dio stesso, tutte le altre diverse concezioni del diavolo sono “costruite da noi”! Già basterebbero affermazioni puerili di questo tipo per chiudere il libro del demonologo irrecuperabile, uomo del futuro, che si appella anzitutto al papa illuminato Giovanni Paolo II, che di diavoli se n’intende quasi più di lui, per annosa pratica quotidiana legata alle sue funzioni “divine”. Poi si richiama a testimonianze storiche sicure come l’Apocalisse di Giovanni e i Vangeli, per asserire che il peccato degli angeli consiste nella ribellione, “nel rifiuto di Dio”, ma per sentirsi subito dopo perché, “se è certa la caduta degli angeli, non è però certo quale ne sia il motivo, e su ciò la Chiesa non si è mai pronunciata ufficialmente” (p.21), omissivamente. Si fanno solo ipotesi, tre in particolare: che gli angeli caduti abbiano peccato di orgoglio, di superbia, d’invidia per l’uomo, e infine per “il rifiuto di adorare il Cristo incarnato”.
E’ la teologia cattolica che ancora si diletta di tali elevate speculazioni, e Balducci pedissequamente l’asseconda, seguitando questo discorso scolastico e anacronistico a uso di ragazzini malcapitati nella superstite ora di religione. “La condanna eterna”, “La natura del demonio” (che resta “un puro spirito”, “superiore all’anima”), “Quanti sono?” (“il numero dei diavoli è molto elevato”, “Esiste una gerarchia”), “Hanno un nome?”. Sono tra i più urgenti interrogativi discussi dal dotto demonologo. Che all’interrogativo puramente retorico “Il diavolo esiste?”, ripropone l’ovvia risposta che investe l’intero sistema di “verità” cattolico, monumento mitologico immutabile nei millenni, in cui pure il diavolo lampeggia in tutta la sua superstiziosa ossessione: “La ragione non può dimostrare l’esistenza del demonio; solo Dio può rivelarla: è quindi una verità di fede” (p.43), luminosa. In tema di fede, argomento risolutivo che tronca ogni discussione, Balducci interroga i soliti testi biblici, e vi legge la “testimonianza” giurata che il diavolo “esiste”, e che è l’antagonista principe di Gesù Cristo, opponendo “il regno delle tenebre al regno di luce” del Cristo-Dio. Da qui il transito al “magistero conciliare” della santa chiesa, che mette il suo sigillo confirmativo ai libri sacri, benevolmente condannando come eresia ogni deviazione dualistica cioè manichea, avendone essa l’inespresso monopolio.
Il balzo repentino al fatidico Concilio Vaticano II, che “parla ben 18 volte del diavolo” (e i brani sono riportati tutti con scrupolo filologico), vale a fornire le “prove” dei supremi avalli divini alla mitologia demonologica, in prossimità del bimillennio cristiano, integrate del magistero post-conciliare di Paolo VI e soprattutto dell’attuale “magistro” ex cathedra Patri, l’immortale Wojtyla. Il quale “parla del diavolo ben 14 volte”, ossessionato dal suo demonio antagonista fraterno, identificato col “mondo” (sottinteso moderno?), terribile parola di odio-libido e di finto abominio, essendo il demonico “mondo” il teatro irrinunziabile delle gesta divine della chiesa di Cristo, e del suo predominio politico strenuamente, demonicamente difeso nei secoli dei secoli, fra gloriosi giubilei periodici per ricapitalizzare. E nessuno oggi lo sa più del “santo padre”, infaticabile globe trotter – come è stato detto e io ridico – del suo Cristo deificato, pastore e nunzio del suo “regno di luce” vaticana. E lui, il piccolo monsignore vaticano, gli fa da megafono col massimo zelo demonologico, continuando poi a sciorinare citazioni papali farneticanti, fra l’altro con allusione alle sette sataniche di Torino, la città d’Italia più devota al diavolo. Ma come recriminare se è la stessa ossessione pastorale, nella tradizione libidica e superstiziosa che ossessiona la chiesa teocratica più potente del mondo, a fornire un autentico modello demonico ai fedeli e agli infedeli?
Poiché la superstizione di Satana è in netto declino, ripugnando pure fra i teologi cattolici e prevalendo una interpretazione puramente simbolica, Balducci vaticano, su quel fondamento dottrinale scolasticamente precostituito, s’impegna in una specie di contrattacco inefficace contro alcuni negatori ragionevoli del diavolo, interni alla stessa chiesa cattolica, fra i molti altri il teologo di Tubinga H.Haag e il vescovo teologo di Tubinga W.Kasper: tosto condannati dalla chiesa dell’amore cristiano. Da notare che i loro libri, già tradotti in italiano negli anni 70, sono da tempo scomparsi e non più ristampati nel mercato editoriale italiano. Haag si riproponeva onestamente alla radice il problema “se una fede com’è quella nel diavolo, che porta a tante disastrose conseguenze, può avanzare pretese di verità…” (La credenza nel diavolo, tr.it. Mondadori 1974, p.21).
Circa le “disastrose conseguenze” della credenza superstiziosa, il riferimento storico ovvio non potevano essere che le possessioni diaboliche, la caccia alle streghe e i culti satanici. La confutazione balba di Balducci, col solito schematismo scolastico, coglie la “confusione” equivoca fra “esistenza” e “presenza” diabolica, sicché in tale ottica binoculare potrebbe evidentemente darsi una esistenza nell’assenza e una presenza nell’inesistenza. Per il defensor fidei et diaboli vaticano le “disastrose conseguenze” non sono che incerti del mestiere, “deprecabili errori”, non sono attribuibili al buon diavolo, così da poterne negare l’esistenza. Ma allora che diavolo di colpe avrebbe questo diavolo, tali da rendere necessaria l’affermazione “sperimentale” (!) di esistenza? Sono proprio i crimini umani dipendenti da ignoranza e da pregiudizio a dissolvere insieme nell’inesistenza il Dio provvidente e il comodo alibi a discarico del suo Diavolo di servizio.
Il prete vaticano respinge l’identificazione di Satana come simbolo del male, perché deresponsabilizzerebbe l’uomo: “Siamo noi responsabili del male” (pp.104ss.), declama giustamente. Ma questo è proprio l’argomentare dei negatori di Satana (lui scrive sempre “satana” minuscolo!), che diventa un comodo alibi non solo del Dio cristiano, ma anche dell’uomo, per discaricare tutto il male sulla sua groppa accogliente. Per cosa altro sarebbe stata escogitata questa figurazione mostrificante? Confutare come frutto di “cecità e malizia” diaboliche tali ragionevoli considerazioni, per riaffermare la responsabilità morale dell’uomo, è proprio questo che obbliga alla negazione di Satana, e questo è quanto si argomenta (anche da Franzoni) per dissolverne la “esistenza” innecessaria, sulla base delle stesse scritture correttamente interpretate, cioè rilette senza i paraocchi dogmatici.
Ma è antica risorsa dialettica degli ecclesiastici scolastici quella di ritorcere i medesimi argomenti con mistificato segno opposto, giocando sull’equivoco, appigliandosi alle solite autorità ottusamente. Così, quando i citati dissenzienti cattolici riconoscono che le antiche scritture affermano contemporaneamente la responsabilità morale dell’uomo e la “esistenza” del diavolo, ma attribuendone giustamente la figurazione immaginaria e simbolica alla cultura originaria biblico-evangelica – argomento su cui Bultmann fondava la sua equivoca “demitizzazione” dell’intera dogmatica cattolica -, Balducci dice che sarebbero in grave contraddizione, evocando ancora in malafede le “astuzie diaboliche”, e ricorrendo alle pronunce del temibile card. Ratzinger per accusarli gravemente, autoritariamente di “non cattolicesimo”. Le risibili argomentazioni e ostensioni di “verità”, di stampo medioevale scolastico, sono: “Come ha potuto Cristo dirci una cosa completamente diversa circa l’esistenza del demonio come essere personale?”; “La Parola di Dio, riferendosi a una verità rivelata, non può subire mutamenti” (p.118)! Al teologo protestante Bultmann poi, che onestamente riconosceva non potersi credere nell’èra tecnologica agli spiriti e ai miracoli evangelici, l’inconsistente Balducci riserva un trattamento volgare, riferendosi a quella asserzione come a una “frase talmente insipiente che c’è da meravigliarsi – se non da vergognarsi – anzitutto che possa essere uscita dalla penna di un grande teologo…”, qualificazione che l’esorcista mette in dubbio con furore (p.120).
La povertà intellettuale e la qualità retriva del monsignore vaticano degradano ancora, a proposito della più clamorosa arditezza delle asserzioni adogmatiche di W.Kasper, poi nominato vescovo di Rottenburg-Stoccarda, il quale in un suo “trattato cristologico” molto diffuso e tradotto in molte lingue (Gesù il Cristo, tr.it. Queriniana 7^ 1993), revoca in dubbio non solo i diavoli ma i pretesi miracoli evangelici, in parte leggendari e comunque sempre indimostrabili. Kasper limita perfino la filialità divina del Cristo, negata proprio nel senso metafisico e ontologico della teologia cattolica, di conseguenza negava pure la resurrezione corporea del Cristo e l’ascensione al cielo, cioè l’intera mitologia sovrapposta per la divinizzazione del Cristo, ponendo in questione la “verginità” di Maria ecc., e subendo anatemi da scomunica dal Concilio Vaticano II.
Qui il povero Balducci è da capire, se gli appare beffardo che un tale prete, scomunicabile quasi come miscredente più che come “eretico”, sia esaltato come un teologo “moderato”, e perfino nominato vescovo dalla sua chiesa. Ma non dovrebbero sfuggirgli le ragioni di opportunità politica, in una Germania dove il cattolicesimo, stretto da secoli nella morsa “liberale” protestantica, è in crisi non solo teologica ma di “fede”, di proselitismo e di ortodossia. Kasper dunque considera i diavoli dei puri “niente” come gli idoli “pagani”, demonizzati nei primi secoli cristiani: delle “non-figure” che si dissolvono nell’anonimato, per approssimazioni vanificanti, sicché – con ragionevole buonsenso – “non si dà alcuna fede nel diavolo, fede che in ultima analisi non sarebbe altro che superstizione” (op.cit., p.74). La replica astensiva di Balducci è che “frasi così paradossali” non valgono ulteriori commenti!
Passando così alla “possessione demoniaca”, apprendiamo essere “fenomeno estremamente eccezionale”, giacché pone la solita distinzione fra “vere” e “false” possessioni, che in realtà – “nella stragrande maggioranza dei casi” – consisterebbero di “disturbi e malattie di ordine psichiatrico”, e lui sì che se ne intende (p.135)! Ma poiché Haag al solito esercita il raziocinio mettendo in dubbio l’assurda dottrina del “peccato originale”, e cercando nei sintomi della pretesa “possessione” delle “spiegazioni naturali”, cioè psicopatologiche e psichiatriche, lui fanatico dogmatico da inquisizione sentenzia che “la possessione ha la sua causa in un essere che è al di fuori e al di sopra della natura dell’uomo” (p.136). Distinte le rare “vere” possessioni e le innumerevoli “false” tutte psichiatriche, se “la psichiatria non esaurisce il fenomeno della possessione” (p.138), come distinguerle in pratica, dato che i sintomi sono gli stessi della schizofrenia, dell’epilessia e dell’isteria? Balducci, un bel po’ esibitorio, lamenta più volte che i negatori della possessione ignorino un suo infallibile “criterio diagnostico”, che eccita molto la nostra ansia di conoscenza.
Ma lui intanto si fa precedere ancora da argomenti di fede assai probanti che oppone a Franzoni, poiché Gesù Cristo nei Vangeli parla di possessioni, e Franzoni osserva correttamente che era “vero uomo” del suo tempo e quindi sbagliava, ahi!ahi! Balza su Balducci scolastico vocazionale: “se ne va la divinità di Gesù”, “ma se Gesù è Dio, la possibilità di errore è assurda” (p.159); al contrario, Gesù Cristo in persona sarebbe il divino fondatore della esorcistica cristiana, il nobile mestiere dell’autorevole monsignore. E poiché oramai una quantità di teologi cattolici, come don Ernesto Balducci prete di benaltra tempra, ritengono insensato credere nel diavolo, o come don Duquoc che la stessa “serietà della fede” ne richiede la scomparsa, è lui a tacciarli di “fanatismo” come servitori di Satana, appellandosi sempre da soldato ossequiente all’autorità, mancando di argomenti sostenibili. Da autentica macchietta vaticana, involontaria ma autentica, C. Balducci incalza dicendo che negare il diavolo significa annullare il “Magistero Ecclesiastico” (p.173), una iattura catastrofica per l’umanità intera! Fa paura pensare che ancora oggi operino simili militi psichiatrici, favoriti e incoraggiati da un pontificato retrivo come quello perdurante, bene rappresentato dalla senile decadenza esibita da Wojtyla coram mundo.
Siamo infine alla malefica “presenza” – separata dalla “esistenza” – del diavolo o demonio che, essendo un essere “spirituale”, anzi un grottesco “puro spirito”, di immensa “spiritualità” pari alla sua quasi onnipotenza divina, nel realizzare e fomentare il male a lui riservato in esclusiva, è quasi una controfigura o un doppio ulteriore del Dio uno-trino. Anche Satana è deltutto “invisibile” ma enormemente attivo, e lui l’esorcista demonologo che ne ha una frequentazione ininterrotta, patologica e ugualmente ossessiva da decenni, si può dire avendolo sotto gli occhi ogni momento, è in grado di osservarne l'”attività”, di riconoscerla, di identificarla senza fallo, sebbene possa essere facilmente confusa con l’operare solo umano, perché lui è in possesso privilegiato del “criterio diagnostico”. Lui sa anzitutto, per cognizione diretta, proiettandovi sopra le angustie del proprio io regresso, che “il diavolo usa le sue capacità per fini malefici e perversi”, e che “il demonio odia Dio ed è terribilmente invidioso dell’uomo”; e può distinguerne l’attività “ordinaria”, cioè “non appariscente e piuttosto comune”, e quella “straordinaria” cioè “appariscente e molto eccezionale”. Quella ordinaria si riassume nella “tentazione”, quella straordinaria consta di tre forme di disturbi: 1) l’infestazione locale; 2) l’infestazione personale; 3) la possessione diabolica (pp.181-84).
Non si creda che questa luminosa dottrina sia farina del sacco (diabolico) di C. Balducci, c’è tutta una riflessione scolastica dietro, quasi in minima parte rievocata, con analisi lessicali, con dissertazioni sui poteri e limiti del demonio ecc., che occupa l’altra metà del pingue libro, si potrebbe dire su “Il diavolo in azione”. La nostra ironica capacità di lettura incredula è sopraffatta da tanto sapere diabologico, che qui viene esposta denudandosi con paranoia demenziale, e che sgomenta per i continui rinvii alle solenni pronunce papali dell’attuale regnante, sicché questa ossessione diabolica e psicotica appare condivisa ancora oggi e promovente al vertice della monarchia pontificia, promossa da quel vicedio ossequiato sempre da tutti i potenti della terra, la cui ala bianca incombe con fissità sui nostri teleschermi. E giacché qui si insiste sulla equivalenza proporzionale fra la “presenza” diabolica e l’assenza di Dio, “grave crisi che non ha risparmiato il clero, la Chiesa”, ritengo più che legittima obbligata la deduzione estensiva che proprio in questi prelati vaticani e nel loro stesso monarca, così irresistibilmente dominati da tale monomania diabolica, la “presenza” del loro Dio sia proporzionalmente carente.
Con la solita ovvietà pubblicistica, qui si evocano invece come espressioni diaboliche Hitler e i sistemi totalitari di odio e distruzione, ma a parte le “conciliazioni” e i “concordati” politici vaticani con questi medesimi regimi, quale più collaudata e potente costruzione totalitaria (totalizzante) della chiesa cattolica, espressione di dominio integrale sull’uomo, demonicamente violenta, in tutta la sua storia “eterna” guerreggiata al suo interno e nel mondo basso, imperialisticamente ambìto oggi come ieri? Gli “indemoniati” esemplari, i modelli sovrani sono loro che dalle prime origini hanno inventato, elaborato e praticato costantemente la subcultura diabologica. Quella che qui l’ultimo immodesto officiante Balducci ostenta volgarizzandola, delirando di una “infestazione locale”, esplicata dal demonio “in un luogo o sulla natura animata inferiore (regno vegetale o animale), per arrivare poi indirettamente all’uomo” (p.207) E sconfina così nel “paranormale”, che pure rivendica alla sua competenza “parapsicologica”, e giustamente, essendo questa “scienza” assai dubbia e così spesso fraudolenta, malgrado le intenzioni serie di alcuni studiosi “sperimentali”, sempre al confine e oltre il confine della “realtà”, negli stessi cultori perlopiù “credenti” e devoti al “soprannaturale” (come la Giovetti, propagandista dell’occulto prolifica di scritti e apparizioni televisive), o pronti a invocarlo come “spirito” o come “divino” e magari “diabolico”.
Così questi diabolisti diabolici perpetuano la superstizione popolare del “magico”, del “miracolistico”, dello “spiritico” che serve a nutrire il loro fideismo pseudo religioso, e a cui si è sempre aggrappata la chiesa cattolica, per mantenere forte presa sulla “fede”-paura popolare: basti pensare alle sconce commedie ecclesiastiche sulle “apparizioni” mariane e sulle false guarigioni. Si noti che l’autore, vantando competenze anche psichiatriche, viene a dire che sono “specialmente” i santi a essere soggetti a “infestazione personale” del demonio, “orientata a contrastare con ogni mezzo la loro bontà, fedeltà e amore di Dio” (p.121). Eccone la descrizione: “l’individuo sarà così vittima di tentazioni improvvise, violente e tenaci; si sentirà invaso da fantasie importune, che persistono nonostante gli sforzi di cacciarle; si troverà in preda a fremiti d’ira, ad angosce di separazione, a moti istintivi di tenerezza; potrà sentire odori nauseanti, rumori, parole e canzoni anche oscene e basfleme e subire amplessi provocanti” (p.212-13).
Questo prete arcicompetente in materia così ignaro di psicopatologia da non essere neppure sfiorato dal sospetto che questi mistici cristiani producano da sé – con tali guide psicotiche – fenomeni psicopatologici, fobìe ossessioni allucinazioni “diaboliche”, che tutte senza eccezione pone a carico del suo comico diavolo, un “puro spirito” biecamente occupato a torturare quei poveri angeli visionari. Fra cui menziona particolarmente Gemma Galgani, che fu pure vittima di possessioni diaboliche, attingendo lungamente a una biografia recente: “la persecuzione del maligno contro Gemma fu tremenda, spaventosa, estenuante (…). Con promesse e lusinghe, con minacce e percosse, con inganni e apparizioni, dovunque la perseguitava: in casa, per la strada, in chiesa, a letto, di giorno e di notte. Pigliava l’aspetto di cane, di gatto, di scimmia nera, di mostriciattolo, di persone conosciute e di uomini feroci e spaventosi” (cit. p.214). La povera Gemma santificata, piccola tisica morta a 25 anni e meritevole di ricovero senza ritorno, era un soggetto altamente psicopatico, ma le agiografie si guardano bene dal rilevarlo, quando è così infantilmente comodo caricare sul diavolo i suoi tremendi malori psichiatrici. Le storielle diaboliche qui evocate a seguire sono appena comprensibili come prodotti di cultura inferiore, in una mente delirante dentro un corpo malato, e è grave siano raccolte e avallate da preti laureati in teologia, filosofia, diritto canonico e civile, come vanta questo monsignore, e testimoniati in finti “processi” ecclesiastici per la canonizzazione.
Prediletti del loro Iddio devono essere pure gli esorcisti e demonologi, giacché sono anche loro – non è una sorpresa per noi – soggetti alla “infestazione demoniaca” personale, e qui davvero Balducci è sul suo terreno proprio e potrebbe abbandonarsi, abbozzare almeno la sua autobiografia di esorcista, ma su ciò è invece reticente evocando solo fatti altrui, per non esporre le proprie ossessioni demoniche, per non fornire elementi confessi della propria grave, e già tutta evidente, psicopatologia demonica. Infatti questi libri sono la sua autorappresentazione ultrapatetica, in tutto quanto precede e specialmente in queste ultime parti V e VI dell’ultimo libro, in cui dispiega la sua tragicomica “scienza” esorcistica, con la sua “Diagnostica dell’attività demoniaca straordinaria” e la sua “Terapia” evidentemente disperante come “autoterapia”. Quale adolescente culturale potrebbe scrivere impunemente, nella società civile europea del 2000, fuori del manicomio giubilare vaticano feudo divino, che “il motivo fondamentale che spinge il demonio a impossessarsi di una persona è la grande soddisfazione che egli prova nel molestare gli uomini e nel servirsi di loro per manifestare il suo odio anche verso Dio, la Madonna, i santi e quanto regna nel religioso e nel sacro” (p.225)?
Lui lo può invece perché tonacato nella gerarchia vaticana, col patrocinio del suo monarca indiavolato, ottenendo perciò di essere pubblicato da un editore che abusa della considerazione di maggiore editore italiano. Lui può rievocare terrificanti storie psichiatriche di bambini epilettoidi e darle a credere storie di possessioni diaboliche, non esclusa una poesiola edificante alla Vergine Maria, in un sonetto profetico “a rime obbligate”, pronunciato per comando di due esorcisti da un bimbo esorcizzato, trentanni prima che un forsennato Pio IX promulgasse il dogma della “Immacolata Concezione”. C.Balducci, prete da legare pericoloso a sé e al prossimo, anzitutto per ciò che scrive, continua la sua epopea indemoniata, segnalando come “vecchio criterio diagnostico” della possessione una improvvisa e violenta avversione al sacro, e qui innesta la sua personale trafila di esorcista, con aperta confessione della propria diretta e toccante esperienza.
Era giovane laureando alla Università Lateranense quando, prezioso allievo incoraggiato dal giurista esorcista padre Capello, si dedicò allo studio della demonologia, della psichiatria e della parapsicologia, componendo una monumentale tesi di laurea che poi dette corpo alla sua prima opera in due volumi dal titolo Gli indemoniati (Coletti 1959), poi rifusa e ridotta in La possessione diabolica. Nessuno aveva osato tanto, perché è in questa fase primiziale così ispirata che nasce il criterio diagnostico nuovo di Balducci, “tale da poter arrivare a conclusioni certe”: e questo non era che l'”inizio di una vita, che specie da qualche anno è quasi completamente dedicata ad approfondire lo studio e a diffondere cognizioni e informazioni sui diavoli e sull’aldilà!” (p.252). Venendo infine al geniale “criterio diagnostico”, in sintesi Balducci divide le manifestazioni osservabili sugli “indemoniati” tra “fenomeni psichiatrici” e “fenomeni parapsicologici”, e si potrebbe consentire se non vi aggiungesse la specificazione aprioristica, pregiudiziale della “possessione”, come di un sacro sigillo. Se veramente si fosse posto in atteggiamento “scientifico – di cui ignora ogni procedere metodologico e tecnico, perché la sua cultura mistica di base ne è l’antitesi radicale – si sarebbe appagato dei risultati di quelle indagini specialistiche, senza evocare i suoi diavoli mentali, che ossessionano lui e con cui continua a ossessionare i suoi lettori non predisposti al tragicomico.
Lui si fa obbligo di separare in realtà i fenomeni psichiatrici e parapsicologici dai “misteri” della sua demonologia ossessiva, che è sempre un derivato, un coefficiente inscindibile del suo teismo dogmatico, della sua fede trinitaria, ecclesiologica e miracolare. Si deve precisare che i cosiddetti “indemoniati” possono essere soltanto sospettati tali in un contesto famigliare e sociale, oltre che culturalmente depresso, sicuramente fideistico cattolico, che è quello formativo dei malati psichiatrici, quello che convoca non il medico o prima del medico il prete locale, e questo chiama il prete esorcista autorizzato, interpreti ortodossi della “possessione diabolica”. E infatti la prima osservazione di “prova diagnostica” (ossia “sperimentale”), che si fa sui malcapitati “ossessi” è se manifestino o no una forte e improvvisa “avversione al sacro”, se cioè essendo prima “buoni” e pii”, si rivoltino d’improvviso torcendosi rabbiosamente e manifestando “una nuova personalità”. La loro testa quindi è già stipata di angeli e diavoli, e su questa base fideistica i violenti assalti psicotici, isterici epilettici ecc., con sdoppiamenti, anche in possibili fenomeni “parapsichici”, è naturale non siano fenomeni di reazione lirico-idillica, ma di violento incontenibile sconvolgimento psicofisico.
Chiunque abbia osservato psicopatici in crisi capisce bene che il poveraccio “all’invito di compiere un qualsiasi atto di pietà, di devozione, reagirà in modo più o meno turbolento con una ipereccitazione delle membra, con minacce e grida paurose, con atteggiamenti provocanti, blasfemi, sacrileghi” (p.253). Coi suoi barlumi di coscienza, sarà un belpo’ incazzato, tantopiù se miscredente! Se poi il prete esorcista non la pianta e anzi insiste, è ovvio che “al comando persistente e pressante di compiere in nome di Dio una determinata devozione, come baciare una immagine, inginocchiarsi, l’indemoniato finirà per obbedire, mostrando però tutta la sua ripugnanza per quanto ha fatto e lo sdegno per la persona che ve lo ha obbligato” (ivi). Questi preti violentatori, maestri scarsi di coscienza e modelli d’incoscienza, in realtà ignari di psicologia e psichiatria elementari, sono loro a provocare “possessioni” artificiose, trasferendole dalle loro paranoie nella psiche sconvolta dei malati.
Che poi il malato si mostri incline alla solitudine, quindi fugga la compagnia e la conversazione, e provi “difficoltà e impedimenti per le funzioni inerenti alla vita vegetativa”, è solo parte della sua fenomenologia patologica. Così che tutto l’insieme pare perfino a Balducci che “presenti una somiglianza con altre proprie dei disturbi e delle malattie psichiatriche” (p.254), semplicemente perché sono tutti fenomeni patologici, indistinguibili senon per la caratterizzazione individuale che presentano. E’ perciò insensato che il prete ripeta la fiaba puerile del “demonio che agisce”, e pretenda di distinguere con suo arbitrio, infierendo sul soggetto in crisi psicopatologica per “prova”, fra vera e falsa possessione, secondo la risposta positiva o negativa alle sue stimolazioni aggressive al “sacro” devozionale della sua chiesa. Aggiungendo che anche nei malati e intorno a loro si riscontrebbero fenomeni “paranormali”, non spiegabili – sembra – con le nostre attuali cognizioni psichiatriche: xenolalie, levitazione, spostamento di oggetti ecc. Fenomeni tutti da provare sotto rigoroso controllo sperimentale, non certo per testimonianze suggestive e fideistiche credule, come quelle che generalmente e qui pure si evocano, secondo tradizione che non esclude i formalizzati “processi” ecclesiastici, e tanto meno le pratiche dei consacrati preti esorcisti, ossessionati e illusivi “guaritori” di ossessioni.
C.Balducci in breve esclude il “diabolico” ancorato al “sacro”, sia dai fenomeni di psicopatologia naturale, sia da quelli di “parapsicologia” che chiama “preternaturali”, per assegnarlo esclusivamente ai fenomeni che per sua garanzia autorizzata sono investiti del “soprannaturale”. Gioco facile ovviamente, date le premesse e il fine manifesto, tanto più se la stessa diagnostica psichiatrica, e più che mai la incerta “parapsicologia”, sono lontane dalla pretesa “sperimentalità”, adeguata all’ampiezza casistica e alla complessità di fenomeni ancora in larga misura inapprezzabili. Perciò le generiche asserzioni del monsignore esorcista sono quasi sempre approssimative e mistificatorie, come quando dice che “è di dominio comune tra gli psichiatri” il dato “che l’ammalato psichico, in quanto tale, non abbia poteri parapsicologici”, affermazione insostenibile trattandosi di materia estranea all’interesse clinico della psichiatria. A nulla servono le banalità pseudo-scientifiche per differenziare lo psicopatico dal “posseduto”, se portano tautologicamente a confermare quanto volevasi “dimostrare”, che il demonizzato si riconosce dalla “presenza” del demonio, ovvero da uno sdoppiamento di persona con subitaneo “odio del sacro”, come sopra sollecitato dall’intervento inopportuno, esasperante dell’esorcista.
E si provi a immaginare la scena di crudeltà, a cui può solo prestarsi un prete ossesso, nella spaventosa tradizione penale della sua chiesa inquisitoria. Senza dire che i pretesi fenomeni eccezionali, peculiari – si noti il trasporto d’amore – del “meraviglioso demoniaco”, e non riconducibili né alla psichiatria né alla parapsicologia, sarebbero questi: “profonde alterazioni del volto o della conformazione somatica, contorcimenti e posizioni contrarie alle leggi fisiologiche e fisiche, cadute pericolose senza alcuna frattura o lesione, eccezionale aumento di peso, e molto spesso un iperdinamismo talmente elevato da non avere confronto con quello possibile nei casi di epilessia, di alcolismo o in altri stati di eccitamento” (pp.263-64). Ma questi al contrario sono tutti fenomeni riscontrati e riscontrabili, con inesauribili variazioni individuali, nelle crisi convulsive isteriche e/o epilettiche (A.Balestrieri, Trattato di psichiatria, pp.228ss.; A.Rubino, Diagnostica psichiatrica, pp.122ss., 25 8ss.). mentre qui si vuole solo arrivare alla “rivelazione” prescontata della meravigliosa “presenza di un essere superiore”, che è oggetto ammirato e venerato dall’esorcista!
E le esemplificazioni sono deltutto adeguate, puramente suggestive e incontrollabili altro che dal prete, che vi addiziona i suoi interessi nella sua ottica diabolo-maniaca, perché è sempre la coazione ecclesiastica dell’esorcista che conduce il gioco crudele sul malato in agitazione, inistentemente sollecitato “a genuflettere di fronte al SS.Sacramento”, a “baciare un’immagine della Madonna”; “a compiere un atto di rispetto, di venerazione” allo stesso sacerdote, con tutta “la maggior umiliazione che comporta” (pp.264-65). E quelle che sono evidenti reazioni di rifiuto e avversione a chi lo sevizia, l’esorcista ossesso l’interpreta come la “evidenza” della “superba figura del demonio che, se a fatica si piega di fronte al Creatore, con maggiore difficoltà si umilia alla creatura investita dell’altissima dignità di Madre di Dio e con estrema riluttanza sa inchinarsi davanti a un semplice mortale, dotato di poteri divini” (ivi), come pretende il prete psicopàtico. “Reazione intelligente” perché non è del malato ma del diavolo “meraviglioso”, che inoltre nutrirebbe “il risentimento più o meno vivo in rispondenza coi vari gradi della giurisdizione ecclesiastica, con la santità dell’esorcista, con il suo stato d’animo, con le diverse reliquie presentate”, sempre dal santo esorcista all'”indemoniato” che per lui è come inesistente, mentre “esiste” in “presenza” il demonio che lo possiede, e solo con lui giustamente il prete esorcista si pone in relazione diretta e complice, totalmente simpatetica!
Continuando a prestare attenzione repulsiva ai relitti di questa incredibile pratica arcaica ancora in vigore, trascuro la gamma delle “infestazioni”, che la paranoia esorcistica avalla e incrementa col solito “criterio diagnostico”, rigorosamente scientifico come si è visto, e ne rilevo l’applicazione ai fenomeni “positivi” nella mistica. Che ugualmente sarebbero suscettibili anzitutto d’indagine psichiatrica, ma questa viene esclusa apriori per la “figura del vero asceta, del vero mistico”, mentre si lascia aperta con “massima prudenza” la porta del “preternaturale” parapsichico, per le manifestazioni “riconducibili all’intervento degli angeli o di quanti vivono già nella gloria di dio o sono nella via purgativa che ad essa conduce” (p.269). Tutte “presenze” che questo prete esemplare del 2000 “vede” possibili, così plasticamente individuate e attive, nel popoloso “aldilà”! Possibilista è invece su altri fenomeni paranormali come: “lacrimazioni, sudorazioni e movimenti di vario genere concernenti immagini sacre, statue, crocifissi”, perché in questi casi “si è nell’impossibilità di una diagnosi; possono sì intervenire varie considerazioni e circostanze a orientare, e a volte pure con elevate probabilità, all’intervento dell’aldilà, ma la certezza scientifica non è possibile fino a quando la parapsicologia non ci saprà dire di meglio” (p.271). Presto infatti avremo le prove “scientifiche” delle lacrimazioni e sudorazioni di madonne e crocifissi, sempre fiorenti nel mercato ecclesiastico, e allora non vi saranno più le odiose speculazioni scettiche dei laici! L’auspicio è che fra le materie d’insegnamento degli ecclesiastici vi sia la “conoscenza del paranormale”, lacuna che prima o poi sarà colmata, perché anche i fenomeni parapsicologici entrano negli “imperscrutabili disegni” del Dio cristiano, per una “parapsicologia” preziosa scienza ausiliare a servizio dell’ecclesia.
E a confermare come l’istituzione ecclesiastica componga sempre i suoi riti procedurali ai suoi fini devozionali, per assicurarsi l’ortodossia e l’osservanza dei suoi precetti, delle sua prescrizioni “religiose” ecc., si veda come la stessa pretesa “terapia” esorcistica, “preventiva e curativa”, sia ordinata al medesimo scopo.
Quale terapia potrebbe aspettarcisi senon il “vivere religiosamente bene”, con le pratiche rituali cristiane, ma pure – per rassodare la superstizione dei “fedeli” primitivi – “gli oggetti benedetti” (croci, rosari ecc.), “le reliquie e le immagini dei santi”, e altri sacri e lucrosi ammennicoli della mercanzia ecclesiastica (pp.285ss.). E risparmio il culto di San Michele, con intervento di papi illustri, per non degradare nel blasfemo come salutare esercizio di antidoto a tali infime regressioni intellettive nell’utero materno: in tutto coerenti e organiche al sistema sub-culturale della ecclesia romana che, coi più avanzati strumenti della comunicazione, si perpetua nella storia del mondo. Cosa sono, in che consistono gli “esorcismi” stregoneschi del prete demonizzato, il quale dovrebbe sdemonizzare i malati di mente che, per loro addizionale sventura, incappano nelle “terapie” vaticane? Si consideri che il rituale applicato è ancora quello più “tecnicamente” aggiornato di “liberazione dal male”, regolato dallo specialissimo “Rituale Romano”, trasmesso appena ieri (nel 1614), ai posteri del bimillennio e oltre, mediante sacri scongiuri pubblici e privati, pronunciati dal prete autorizzato, “comandi fatti in nome di Dio al demonio perché cessi il suo influsso malefico” (p.300).
C.Balducci stesso descrive con deprecazione scene di esorcismi pubblici, con partecipazione popolare di folle esaltate: “Scene sconvolgenti e adatte a rappresentare la scintilla che scatena crisi di demonomania in persone psichicamente fragili e predisposte. Scoppiano allora grida, si vedono persone agitarsi, dimenarsi, scivolare a terra, rotolare, sussultare… mentre altri si spaventano, pregano, piangono! Uno scenario allucinante” (p.312). Ma questa non è che l’imitazione plateale dell’esorcismo ecclesiastico, e la possessione condivisa dal popolo col prete e con i malati “posseduti”: l’aberrazione arcaica è all’origine. Si ammette poi che l’esorcismo “può aggravare la situazione di chi non fosse indemoniato” (p.313), e che corre perciò “pericoli morali e fisici”, aggiungendo che sono “ancora più pericolosi gli isterici”, che padre de Tonquédec, qui reiteratamente citato come esperto, descrive così: “Creduli, immaginativi, inventivi, suggestionabili dal di fuori e dal di dentro, si figurano ciò che non esiste affatto; ne sono convinti; attribuiscono agli altri delle colpe, dei crimini immaginari…” (p.315).
Ma a parte la caratterizzazione di massima analoga a quella dei mistici, questo è pure l’autoritratto dell’esorcista compartecipe, che – nella delirante virtù scenica di Balducci – ingaggia la “lotta terribile” con “lo spirito delle tenebre”, essendo “preparato ad affrontare l’ira e la vendetta a cui il demonio spesso dà sfogo con parole ingiuriose, calunnie e minacce, che a volte, nei disegni imperscrutabili di Dio, trovano una qualche realizzazione” (pp.317.18). Chi immagina simili scenari non presenta con la massima evidenza tali caratteri psicotici, da imporre a chi autorizza il loro pericoloso esercizio il diritto-dovere di sottoporli a cure psichiatriche, o di sottoporvisi insieme condividente? E’ lo stesso esorcista che descrive i “segni particolari” che denuncerebbero l’uscita degli spiriti maligni (mettendo in parentesi i rimandi evangelici probanti!): “la confessione degli stessi demoni, un vomito tutto speciale, l’uscita di alcuni animaletti dalla bocca, stridori terribili, un odore nauseante, una ipereccitazione esagerata delle membra, l’apparente morte dell’indemoniato…” (ivi). Chi è il “vero indemoniato”? Non si perda mai di vista la vittima su cui si pretende di osservare tali orrori, un malato psicotico preso da convulsioni isteriche o epilettiche, che avrebbe bisogno di cure psichiatriche e che il prete ossesso demonizza, col dramma sacro della sua lotta col diavolo che lo possiede.
E non manca alla fine dell’excursus della superstizione ecclesiastica il “maleficio”, tema che concludeva pure il precedente “studio” su Le possessioni diaboliche, e che concerne “l’arte di nuocere ad altre persone attraverso l’intervento del demonio” (p.327). Arte magica antica e anzi arcaica, “primitiva” e anzi primordiale, che la chiesa universale ha largamente accolto nei suoi rituali bizantini, e di cui le pratiche esorcistiche sono un culmine supremamente tragicomico. Il “maleficio” avrebbe ancora una tipologia classica più o meno quadruplice: la infissione (spilli chiodi coltelli ecc.) di un oggetto o pupazzo che rappresenta il destinatario delle ferite ecc.; la putrefazione lenta dell’oggetto stesso del malcapitato; la distruzione col fuoco e l’annodamento o la legatura di capelli, fettucce, strisce ecc., per esercitare impedimenti fisici o sociali ecc.
Si è qui – dicevo – sul terreno proprio della magia e della stregoneria, di quelle superstizioni come la “iettatura” o il “malocchio”, per cui nei primi secoli moderni furono bruciate tante donne. E mons.Balducci ne disserta con serietà e cognizione, perché tutto ciò compete al diavolo, alla demonologia e agli esorcisti comandati come lui, che perfino biasima la credulità che sui malefìci si perpetua nei secoli, e addirittura con improvvisa resipiscenza: “Ritengo si possa affermare che siamo noi stessi la causa della più parte dei malefici” (p.339). Ma lo fa ipocritamente dedicando a questo tema due interi capitoli dei suoi libri, cioè non escludendolo affatto dal suo orizzonte “scientifico” e operativo. Infatti non è lui, esorcista autorizzato dalla sua “madre chiesa”, non è lui che, ritenendo “vera” l’iniziativa diabolica di cui si fa complice, conferisce a tale credenza poteri malèfici, che poi lui stesso debella faticosamente con le sue pratiche magiche? Non è credulità, non è superstizione e fomentazione superstiziosa questa: chi è più autosuggestionato e delirante di questi esorcisti, nelle loro volgari commedie degli scongiuri?
Insomma, non possono accettarsi lezioni “liberatorie” da tali maestri di demonicità e di maleficio, che – come Balducci – ammettono finanche la possibile “realtà” di “disturbi strani, persistenti”, che farebbero pensare “alla presenza di anime dei defunti”, giacché “pochissimo sappiamo di loro” (p.343); e promette alla nostra sete di conoscenza un suo libro specifico “sulle anime dei defunti”, per il quale invoca “l’aiuto del Signore” e “l’assistenza dello spirito Santo”! E in tutta coerenza finalmente afferma “la liceità del ricorso al mago” (p.348), per ovvia colleganza solidale, prudentemente riscattandolo dalla cattiva fama, con occhio benevolo alle pratiche comuni. Il sindacato dei maghi, che solo in Italia conta migliaia d’iscritti, dovrebbe promuovere manifestazioni nazionali di giubilo per il proficuo Giubileo imminente, con visita di gruppo al granmago papa e ossequio al suo sovrano magistero professionale. Quanto al monsignore, non dubito che la sua fede demonica e la sua competenza demonologica si rafforzino sui modelli della “santità” cristiana, che è sempre la più frequentata dai diavoli per “dono di Dio”; non dubito che se ne lusinghi pregustando con loro la beatitudine celeste, somministrata dalla sua chiesa vaticana, in cui milita e opera avvedutamente scalando in carriera quei cieli. Ripeto, Balducci come altri ecclesiastici, per es. p.Mondrone -, altro autore autorevole in materia da lui citato – dovrebbero essere i portavoce fedeli del “pensiero ufficiale” della loro chiesa, supportati da pronunce papali non meno corrive e sconcertanti, fino all’ultimo campione della grande Tradizione millenaria, il papa viaggiatore patologico portatore nel mondo del più anacronistico “messaggio cristiano”. E ciò mentre nel secolo anche teologi e prelati cattolici, oltre ai protestanti di varia confessione, tentano affannosamente e spesso equivocamente di “demitizzare” e “smagizzare” – impresa titanica – la dogmatica teistica cristologica e mariologica, angelologica demonologica ecclesiologica…
Tanto più insensate queste pronunce e le loro difese, se si pensa che al contrario la “dottrina ufficiale della Chiesa” è sempre stata furbescamente “cauta” in argomento, sebbene la “esistenza” del diavolo, come angelo ribelle e punito, che è all’origine della “caduta” dell’uomo nel “peccato originale”, quindi il lavoro, il dolore e la morte dell’uomo, le fosse più che essenziale, a giustificare l’incarnazione divina, la redenzione ecc., che sono il fondamento della mito-teologia cristiano-cattolica. E’ quindi almeno strano che anche nel Medioevo, mentre i “Padri della Chiesa” fino a Agostino avevano eretto loro malgrado una sorta di monumento a Satana, arcidemonizzando il basso mondo e l’avverso “paganesimo”, il politeismo “pagano” e le “eresie” dei cristiani dissenzienti, specialmente quelle dualistiche “manichee” nel III-IV secolo, le dichiarazioni ufficiali pontificie e conciliari siano scarse. Lo stesso Balducci, così attaccato ai “documenta”, non ha potuto citare che il Concilio antimanicheo di Braga (551-61), il Concilio Lateranense IV del 1214, “confessione di fede contro i Catari” e l’abate Gioacchino, per leggere allusioni quasi incidentali al diavolo e agli altri demoni “creati buoni per natura” e “diventati malvagi da se stessi” (I Concili ecumenici, UTET, 1978, pp.221-22). Perfino nell’eterno Concilio di Trento se ne parla solo incidentalmente (ivi, p.606).
A tentare di spiegarlo Lek Kolakowski, autore di La chiave del cielo. Conversazioni con il diavolo (Queriniana 1982), nella voce “Diavolo” della Enciclopedia Einaudi, (1978, IV, pp.703-25) sottolinea le contraddizioni e “l’ambiguità della posizione del diavolo” nella teologia cristiana, che come “principe di questo mondo” minaccia “di trascinare con sé nell’abisso l’intero creato, comprese le anime individuali” (p.711). Enigmi insolubili, come tanti “misteri” cristiani, perciò imposti autoritariamente in forma di dogma, irrazionali e coercitivi, da gruppuscoli di uomini “ispirati” dai loro demoni, cioè esclusivamente dai loro più urgenti interessi di potere, di governo delle comunità cristiane e dei loro cospicui beni, per la “gloria” del Dio-Cristo sacrificato e a beneficio dei suoi sacri “vicari”, sovrani per autoinvestitura “divina”. Il citato H.A. Kelly, uno storico cattolico credo americano, nel 1968 ha pubblicato un saggio che nell’originale s’intitola The devil, demonology and Witchcraft (London 1968), e in italiano è apparso col titolo riassuntivo La morte del diavolo (Bompiani 1969), sottointitolato “Sviluppo e declino della demonologia cristiana”. Lo studio è un riesame storico-dottrinale molto attento dell’origine e della formazione della demonologia cristiana, che è tutta una smentita puntuale e direi puntigliosa della costruzione psichiatrica sommaria e ripetitiva di Balducci.
Io sorvolo qui su questa istoria, radicata nelle culture più remote e primitive, ancora in parte rispecchiate nella Bibbia ebraica, quando il mondo appariva popolato di “spiriti” e “anime”, e anche di “esseri invisibili” ostili, a cui si faceva carico delle avversità dell’esistenza. Pure in misura limitata, sopravvivono nell’Antico Testamento due forme letterarie che dettero origine a immagini demoniache: l’uso della personificazione applicata alla malattia – per es. la peste – e alla morte, quindi al mondo dei defunti, e l’adozione di nomi e concetti derivati dai culti pagani, applicati allegoricamente a Satana dai protocristiani, a cominciare dall’egiziano Origene. Kelly da questo esame trae la convinzione – ritengo fondata – che “la demonologia lungi dal costituire una dottrina essenziale della rivelazione cristiana, è una componente accessoria che ha prodotto (e ne è a sua volta il prodotto) molte gravi aberrazioni nella comprensione della religione rivelata” (p.5). Apparentemente con l’onesta risolutezza, essendo lui cattolico, di rigettare anche solo l’affermazione di possibilità della “esistenza” del o dei diavoli, i cosiddetti “angeli caduti” della leggenda millenaria, Kelly anzi esercita i suoi sofismi logico-filosofici dicendo che “sarebbe andare troppo lontano asserire con certezza che tali creature non esistono, perché ogni cosa in se stessa non contraddittoria è possibile (…), tutto quello che si può dire è che la sua realtà non è dimostrata” (pp,5-6), né mai potrà essere oggettivamente dimostrabile, io aggiungo.
E tuttavia, pure nella sua formulazione perifrastica, che ammette solo “la possibilità o anche la probabilità” che il diavolo non esista, tutto il libro è una serrata dimostrazione della “improbabilità” e insostenibilità di questa ipotesi arcaica, su cui si basa ancora la tradizione ufficiale cristiana, e non solo della chiesa cattolica ma più o meno di tutte le confessioni cristiane. In breve Kelly mostra e dimostra che “l’esistenza del diavolo”, contrariamente a quanto si afferma (dai vari Balducci) non è mai affermata – è al più “presupposta” – nella dottrina della chiesa, e la leggenda di Lucifero e degli angeli caduti, “non è affatto presente nella Scrittura”, quindi non è – nel-l’ottica dogmatica cristiana – una “verità rivelata”, ma una mitologia posteriore, sembra derivata appunto da Origene. Sarebbe frutto di malintesi sul contenuto della Scrittura, di errori storici che riconosciuti permetterebbero di “considerare con maggiore equanimità quel che comporta un cristianesimo senza diavolo, sia in se stesso sia rispetto ad altri problemi, quali per esempio il peccato originale e la punizione eterna” (p.6). Conseguenze che, senza la somma autorità e la possanza organica (politica) della chiesa resistente, potrebbero essere dottrinalmente catastrofiche, travolgendo appunto l’altro mito paolino, arcaico e barbaro, del “peccato originale”, ma allora franerebbe pure la costruzione mitologica dell’intero sistema “salvifico”, che sostiene la divinizzazione del Cristo crocifisso, e la stessa “esistenza” storica – questa sì tangibile e massiccia e opprimente – della ecclesia pontificia. Una chiesa auto-investita nei secoli di “magistero” e soprattutto armata di poteri inquisitori, di dannazione perpetua e di morte, di sterminio fisico: basti pensare alla demoniaca “stregoneria”, che nel Medioevo cristiano valse come alibi a giustificare prima i genocidi degli eretici catari, albigesi ecc., accusati pure di stregoneria, poi della tarda e folle “caccia alle streghe” fomentata da ecclesiastici demoniaci.
Poiché anche questo fu spesso pretesto e strumento politico di repressione dei dissenzienti, cosiddetti “eretici”, degli ebrei e degli oppositori protestanti ecc., come poi gli esorcismi pubblici delle “possessioni”.. Perfino in una recente monografia cattolica ortodossa di Georges Tavard (Paris 1988) pubblicata in Italia dalle Edizioni Paoline (Satana, 1988, tr.it. 1990) – ortodossa ma non corriva, perché sempre propende per una concezione “simbolica” più che realistica del diavolo – si riconosce implicitamente la funzione strumentale che direi terroristica del diavolo, come mezzo di azione militante, nella “retorica cristiana di tutti i tempi”. Si dice infatti che “dal punto di vista pastorale, Satana ha contribuito al successo della predicazione cristiana”, e che “teologicamente, la figura di Satana è inseparabile dalla storia di Gesù e dalla sua interpretazione nella fede: essa agisce per contrasto mettendo in risalto la dottrina della redenzione del Verbo di Dio. L’Oriente come l’Occidente, la Riforma come la Controriforma, hanno visto l’azione di Cristo Salvatore sotto forma di combattimento e di vittoria contro le forze del male personificate in Satana e nei suoi angeli” (p.127).
E’ pure interessante notare che vi furono rari oppositori manifesti pure nei secoli XVI-XVII (Kelly, pp.82ss.) e che d’altra parte, se la persecuzione legale cessò nel sec.XVII, “la credenza nella stregoneria è viva ancora oggi non solo nelle superstizioni degli ignoranti, ma anche negli scritti di quei teologi cristiani che hanno ereditato dai Padri le teorie e i miti demonologici sui quali si fondò la dottrina ufficiale della stregoneria” (p.86). Anche la “possessione demoniaca”, strettamente connessa con l’altra, ha lo stesso fondamento dogmatico insostenibile della stregoneria, con la solita duplicità tattica, la mancanza di una “dottrina ufficiale”, e l’imporsi nella prassi sancito da quel Rituale Romano ancora vigente, che risale al sec.XVIII, il secolo della più furente caccia alle streghe.
Kelly ripercorre pure tale storia dottrinale fino alle “tesi moderne sulla possessione, con le opposizioni di Scot, di Harsnett e specialmente di Hobbes, che contestava nel cap.XLV del Leviatano l’esistenza stessa del diavolo e quindi la “demonologia”, fra le “vestigia” pagane della religione cristiana! Kelly avrebbe fatto bene a insistervi citando, perché solo nel materialista Hobbes la negazione è radicale, va cioè alla radice con mentalità scientifica, attribuendo a inganno immaginativo le credenze nella realtà oggettiva di fantasmi, ossia di immagini di pura fantasia, “come se i morti di cui hanno sognato, non fossero abitanti del loro proprio cervello, ma dell’aria, del cielo o dell’inferno; e ciò con la stessa logica di uno che dica di aver visto il proprio spettro riflesso in uno specchio…” (tr.it. Laterza 1992, p.518). Kelly ricorda pure le obiezioni alla pretesa “possessione” di teologi protestanti nel sec.XVIII, e le limitazioni poste dalla chiesa cattolica nello stesso Rituale Romano, per identificare la “vera possessione” distinta dalla “falsa” e cioè psichiatrica, serbando il pregiudizio ecclesiastico che i fenomeni ancora non spiegati siano “sovrumani” e perciò “demonici”. Gli “sdoppiamenti di personalità” sono fenomeni comuni, e non solo in varie patologie psichiche, paranoie, schizofrenie ecc., ma direi nella vita ordinaria di tutti, pure a livelli estremi di contraddizione fra privato e pubblico, ai vari livelli della stessa intimità profonda di ognuno. La giusta riflessione di Kelly è che “rimane da chiedersi se i fenomeni prodigiosi” di cui si parla “siano mai accaduti in realtà”, e a proposito della xenoglossia, cioè la pronuncia pretesa di lingue straniere, “gli studiosi che hanno approfondito l’argomento ritengono che in realtà non se ne siano mai individuati esempi inequivocabili” (p.113).
Anche nella citata monografia del cattolico Tavard si legge al riguardo che “gli sviluppi della psichiatria e della psicologia del profondo hanno fatto indietreggiare le frontiere del preternaturale” (p.153), e che il richiesto “esame preliminare” degli psichiatri e a volte degli psicoanalisti porta a accertare “la natura patologica di quasi tutti i casi”: dove il “quasi” può comunque tranquillamente sopprimersi, perché pure in quei pochi casi a Tavard pare lecito pensare che la causa non sia opera di un demonio: “le frontiere della natura possono ancora indietreggiare” (ivi). In realtà è il concetto stesso che si dissolve alla luce delle progredienti nozioni scientifiche, piaccia o no ai conservatori ecclesiastici, e malgrado le acrobazie dialettiche dello stesso Tavard che, chiudendo in stile gesuitico, cerca di salvare capra e cavoli, tra ragione e fede irrazionale che – conforme alla “retorica cristiana di ogni tempo” – “si guarderà dall’angelo delle tenebre aderendo alla luce invincibile di Cristo” (p.172), purtroppo frutto della medesima cultura mitografica.
Circa gli effetti degli esorcismi, Kelly scrive che si tratta di “un rito teatrale nel quale ci si rivolge e Dio e ai demoni e che, come è stato spesso osservato da molti studiosi, può provocare di per sé uno stato di possessione (in senso patologico)” (pp.119-20), che conferma quanto io sostenevo prima sui veri “posseduti” e ossessi! E ricita più correttamente di p. De Tonquédec, esorcista ecclesiastico ufficiale a Parigi, un brano citato da Balducci, come blando invito alla prudenza: “Gli scongiuri rivolti al demonio, le aspersioni di acqua benedetta, la stola posta al collo del paziente, i ripetuti segni di croce ecc., possono facilmente provocare in una psiche già debole una mitomania diabolica nelle parole e nelle azioni. Chiamate il diavolo e lo vedrete comparire; o meglio, non lui, bensì il ritratto che di lui forma la mente del malato” (cit. p.120). Kelly aggiunge che p. De Tonquédec in cinquantanni di esercizio, “non ebbe mai la certezza di trovarsi di fronte a un caso autentico di possessione” (ivi). Anche lo studioso cattolico Osterreich riconosce che le scissioni della vita psichica possono essere provocate con mezzi artificiali, come la suggestione e l’autosuggestione, e Lhermitte “riferisce che molti pseudo-indemoniati da lui conosciuti hanno finito col diventare degli schizofrenici” (cit. pp.121-22), nel senso che ve li hanno indotti gli esorcisti.
Altri cattolici hanno offerto agghiaccianti testimonianze sugli stessi esorcisti, tema su cui Balducci è ermeticamente reticente: in particolare H.Martin nel libro In mano a Satana, cinque vite possedute dal demonio (tr.it. Sperling e Kupfer, 1978): esorcisti di cui Martin trepidamente vede in pericolo la vita fisica e “spirituale”, per la crescente ossessione che attenta al loro equilibrio psicomentale! Ne riferisce Ferrarotti riassumendo, circa le fasi caratterizzanti la pratica esorcistica, che “sarebbero legate a una ‘presenza’ che si fa sentire sempre più acutamente, fino a giungere a un ‘punto di rottura’”, dalla “voce” percepita dall’esorcista che “evidenzia i più riposti pensieri e fatti relativi al posseduto e, a volte allo stesso esorcista, fino allo ‘scontro’ vero e proprio, che può arrivare a forme di violenza notevole anche sul piano fisico” (Il paradosso del sacro cit., p.84). Più che fondato è alla fine il richiamo di Kelly alla cultura antica che si riflette nei testi biblici, paragonando la superstizione demonologica alla condanna della “rivoluzione copernicana” accolta da Galileo, condanna basata appunto sugli errori biblici, di testi arcaici – aggiungo – sacralizzati, su cui può fondarsi solo un’aberrante subcultura pseudoreligiosa. Per chiudere, sempre in opposizione ai patetici e patodemonici libri di mons.Bal-ducci, cito il finale della avara voce “demoni” nella Enciclopedia delle Religioni diretta da Eliade, nell’ordinamento tematico (dei primi cinque volumi), si è pubblicato in traduzione italiana (vol.I, Jaca Book, 1993). La voce firmata da J.Bruce Long conclude ottimisticamente con una “valutazione moderna”, in cui si crede di potere affermare che “col diffondersi di concetti scientifici e tecnologici e la divulgazione in tutto il mondo del concetto di un’educazione universale, prevalentemente basata su valori moderni occidentali, la credenza nel paradiso e nell’inferno e in una vita oltre la morte in un regno separato da questo, è diventata marginale rispetto alle verità centrali di molte religioni in tutto il mondo” (p.174). Anche se le “verità centrali” di religioni come il cristianesimo non ci tranquillizzano affatto, ci piacerebbe che vi fosse uno sviluppo reale a livelli benpiù estesi di cultura popolare, ma purtroppo questa secolarizzazione della cultura è sempre inibita o infrenata dalla ancora troppo invasiva e attiva “presenza” ecclesiastica, che sull’ignoranza e sul pregiudizio e sui terrori popolari specula dalle origini, tentando di ostacolare e svilire lo sviluppo tecnologico e scientifico della società moderna, la cognizione sperimentale della natura e la coscienza critica dell’uomo.
Perciò condividiamo la constatazione di Bruce Long che la “morte di Dio” e di Satana, che io riaffermo necessariamente contestuali, “sia stata uno degli avvenimenti formativi della cultura moderna”, o meglio una sua espressione alta. Ma temo che lunga strada dovrà percorrersi ancora, finché ecclesiastici come Balducci potranno senza vergogna e impunemente – cioè senza tutela legale del singolo – continuare a spargere i veleni di una superstizione terroristica a servizio perfino illusorio della sua chiesa. E fino a quando intellettuali di prestigio come Jung, col seguito postumo dei molti suoi devoti, o magari di un Ferrarotti sociologo laico complice del “sacro” mistificato, continueranno a spargere dalle loro cattedre-pulpito – anche televisive – i veleni penetranti del loro irrazionalismo suggestivo, drammatizzante, sui demoni che hanno dimora nella psiche umana, sul demonismo o satanismo diffuso nel mondo contemporaneo, sulla demonicità letale della tecnologia e della scienza, che minaccerebbero la sopravvivenza dell’uomo. L’uomosolo oggi come ieri sprotetto dai suoi vetusti e logori dèi uni-trini, dal magistero infallibile dei suoi vicari protervi, diabolici suscitatori e custodi del diavolo, preservatori disé diavoli in maschera, curvi e santificati in perenne giovinezza.
Infatti è proprio questa la “normalità” dogmatica supremamente “manicomiale” della chiesa cattolica, del suo sommo pastore regnante e delle gerarchie ecclesiastiche, che continuano a iterare le loro enormi imposture mitologiche, a proporle e imporle follemente alle genti in tutto il mondo, in libera circolazione planetaria come papa Wojtyla. Senza non dico denunce e provvedimenti d’internamento coatto, ma nemmeno l’ombra del sospetto dichiarato, da parte di poteri o almeno d’intellettuali “laici” responsabili, che tali dottrine imperative perpetuate dall’antico siano violenze non più tollerabili, alla ragione, alla verità, alla storia, contro la natura e contro l’uomo. Sembrano al contrario trovare ancora spettacolari consensi di massa, nazionali e internazionali, costruiti dalle potenti organizzazioni ecclesiastiche e “laiche” cattoliche, e ossequio pubblico generale per il loro potere economico e politico travestito di “autorità spirituale”. A cui si aggregano sempre le masse anche e specialmente con l’assuefazione passiva, con l’accettazione di costumi inveterati come “normalità”, per es. le arcaiche ricorrenze “religiose” assunte, con la complicità corriva del potere politico, come festività “nazionali” e cioè “civili”, perfino una invereconda “Immacolata Concezione”, che è una invenzione dogmatica ottocentesca di un papa dissennato, degno di ricovero urgente, con l’altra supremamente beffarda della “infallibilità papale”!
Così può continuare incontrastata la disgustosa imbonitura “universale” della ecclesia una santa apostolica redentrice, che ancora garantisce la “vita eterna”, mediante il suo sconfinato Catechismo tutto proiettato oltre i limiti umani del “sacro”, con la sua antica prosopopea politico-retorica del “divino” e del “diabolico”, riproposta all’uomo del terzo millennio, per l’esercizio sempre attivo e distruttivo di poteri “soprannaturali”. Valga per l’intero documento la ultra-mistificante “dossologia finale” del Pater, che così lo conchiude in solito trionfo ecclesiale:
“La dossologia finale ‘perché tuo è il regno, la gloria e il potere’ riprende, per inclusione, le prime tre domande al Padre nostro: la glorificazione del suo Nome, la venuta del suo Regno e il potere della sua Volontà salvifica. Ma questa ripresa ha la forma dell’adorazione e dell’azione di grazie, come nella liturgia celeste. Il principe di questo mondo si era attribuito in modo menzognero questi tre titoli di regalità, di potere e di gloria; Cristo, il Signore, li restituisce al Padre suo e Padre nostro, finché gli consegnerà il Regno, quando il Mistero della salvezza sarà definitivamente compiuto e Dio sarà tutto in tutti” (2855, p.693).
Ecco il compendio “simbolico” di regalità e signoria, di “potere e di gloria”, che rendono ancora sovranamente nefasta l’istituzione ecclesiale, nella sua teatrale parvenza d’immortalità “divina”, fantasma arcaico intramontabile nell’Occidente.