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Solo un’anima sincera può affrontare la prova della Verità
Di Pier Luca Pierini R.
Il Kremmerz è riuscito ad affrontare assai efficacemente il tema del “Guardiano” in vari capitoli della sua immensa opera, tracciandone un ritratto essenziale e incisivo. Riferendosi al guardiano della soglia, scrive: “E’ quell’orribile e tempestoso e ubriacante fantasma che prende il novizio al momento della sua iniziazione e lo devia, ponendolo in contraddizione con se stessa e con la cosa, e ne determina una caduta fatale… Al discepolo intelligente, neofito in Magia, lo spirito del secolo non tolga la vista acuta; il guardiano della soglia ruota, la durlindana fatata, digrigna i denti, scoppietta la lingua, fulmina con gli occhi potenti: ma il discepolo passerà se saprà tacere, volere, amare”.
Franz Hartmann ci offre una descrizione più esplicita e articolata: “Il Guardiano della Soglia custodisce la porta del tempio della verità e deve essere dominato prima che si possa entrare. Questo aspetto spettro lo troviamo dinanzi in molte forme: egli è il re del male il quale non permette che dentro il suo regno cresca un fanciullo che potrebbe superarlo in potere, l’Erode innanzi alla cui ira il divino fanciullo, Cristo, deve fuggire. Tutti i racconti e le allegorie rappresentano una verità reale, la cui conoscenza è della massima importanza poiché essa è il principio della Grande Opera. Il Guardiano della Soglia, il Drago del simbolismo medioevale non è altro che il nostro sé inferiore, semianimale, animatale o forse bruto, quella combinazione di principi materiali e semi-materiali costituenti l’ego inferiore, che la grande maggioranza degli uomini amorosamente e ciecamente blandisce ed accarezza, a causa dell’amore di sé. L’uomo non vede le sue vere qualità finché è attaccato alla sua natura inferiore, se fosse altrimenti egli ne sarebbe disgustato; ma quando tenta di penetrare dentro il recinto del paradiso dell’anima, quando la sua autocoscienza incomincia ad accentrarsi nel suo sé superiore allora il guardiano della soglia diviene oggettivo per lui ed egli può essere terrorizzato dalla sua (in verità la propria) bruttezza e deformità.
Esaminiamo gli attributi di questo sé semi-animale: prima di tutto vediamo che è la sede degli istinti e delle passioni animali, le quali all’occhio interiore si presentano in forme animali e semianimali, poiché le forme nel piano astrale sono l’espressione esterna di principi interni, per modo che un’attività psichica vi produce una forma corrispondente. Il sé inferiore, oltre che delle sensazioni animali, è la sede altresì dell’intelletto calcolatore con tutte le sue astuzie, coi suoi cavilli, con le sue sottigliezze, con la sua volontà personale e con l’amore per le illusioni. Secondo le dottrine dei Rosacroce, l’intelletto e la volontà personali dell’uomo sono semplicemente un riflesso dell’eterno, universale Sole spirituale. Come la luce del sole nel colpire la luna viene da questa riflessa e modificata in modo tale che la terra, durante la notte, invece della calda e vitale luce del sole riceve soltanto quella fredda e illusoria della luna, così il ragionatore materiale e superficiale, nella notte della sua ignoranza vede unicamente il freddo raggio lunare del suo intelletto limitato e lo scambia per il sole dell’eterna verità: orgoglioso del suo preteso possesso della vera luce egli si rifiuta di cercare più addentro e, soddisfatto della falsa conoscenza acquistata, inevitabilmente cade preda del drago. Egli non può vincere il guardiano della soglia, né d’altra parte desidera farlo perché quel guardiano è lui stesso ed egli ama se stesso. E nessun desiderio ha neppure di penetrare nel tempio, né forse di questo conosce ancora l’esistenza”. Ancora più eloquente risulta un’interessante riflessione di un ermetista scomparso non molti anni orsono, noto sotto lo pseudonimo di Marco Daffi, il quale in una lettera del suo “Epistolario filosofico” riguardante un particolare stato di essere, proprio del processo alchimico, così si esprime: “Avvii una certa corrispondenza fra ciò che dagli alchimisti è detto “nero alchimico” e quelle reazioni psicologiche – cui fanno riscontro quelle del mondo esterno di relazione – che terrorizzano l’incauto e/o sprovveduto mista (iniziato, n.d.r.). Il concetto, così come espresso dagli alchimisti, dà l’impressione che la revulsione-evocazione poggi sull’irreale, cioè su fantasmi, su paure se non immaginarie almeno del tutto sproporzionate al loro reale peso e minaccia.
Ma non è tutto irreale o sproporzionato e, se così si esprimono gli alchimisti, si è perché la prevalenza dell’irreale sul reale deve condizionare quest’ultimo e permettere al mista di affrontarlo e dissolverlo. La revulsione-evocazione ha due aspetti. Il primo è la reazione della matrice, assunta come madre: ed essa ha il suo fondamento nell’attaccamento alla vita umanimale, che deve inesorabilmente essere magicamente uccisa, per far luogo alla vita magica del celeste Adamo Cabalistico. Ne sono riscontro il temporaneo indebolimento del Caprio Umanimale, le repulsioni, il terrore della morte, il senso dell’impossibilità di proseguire sulla via intrapresa. Donde molti, ciechi alla corsa del treno, si buttano fuori senza rendersi conto che ciò può comportare essere travolti. Il secondo è il vero e proprio affiorare dell’occulto tenebroso di tutte le immagini, di tutte le stratificazioni negative, convenzionalmente dette malefiche e delle entità ad esse legate. E’ questo l’aspetto reale, in cui la madre si propone come “diavolo” – o demonio – negativo, perché si assomma al potenziale vischioso e rattenente della Matrice come Madre e assale realmente il mista. Basti pensare che l’uomo in quanto umanimale, uccide e divora altri esseri e nella lotta, naturale, per l’alimentazione e la sopravvivenza, inevitabilmente evoca larve elementari sub signo ma tris e del sangue, demoni della lussuria, del succhiamento vampirico praticato nell’empito di assorbire dalla natura – e nel di lei circuito – energia, in fagocitamento monodico. Questi demoni possono essere genesici, come quelli additati dal Kremmerz ai suoi discepoli, o possono essere specificati in sede di ante atte esistenze. Direi che maggiore è l’evoluzione dell’essere, più specificate sono le entità. Da qui la pratica dei maestri o adepti, in sede di magisterio, di fornire i discepoli d’amuleti difensivi contro queste evocazioni demoniache, e di talismani atti a dissolvere le creature e le creazioni infere, man mano che essi si (ri) presentano alla coscienza del mista “.
A questo punti crediamo di aver reso quantomeno più nitidi contorni del concetto. Dentro le camaleontiche maschere dell’invisibile guardiano si cela in realtà un intricato labirinto la cui insidia maggiore consiste nella capacità mimetica, impercettibile quanto ingannevole, di rendere drammaticamente reale e preponderante l’illusione (da “ludus”, gioco): il canto delle sirene, la “pubblica opinione”, la corrente del pensiero comune, la “moda”, le paure, i complessi, le cristallizzazioni, la “routine”, i ruoli, i pregiudizi, in pratica tutto ciò che impedisce di uscire realmente dal “gregge”, fuggire dal recinto (serpente) sorvegliato dal “lupo” per raggiungere la “soglia” del sacro Tempio.
Scrive ancora il Kremmerz: “Le due correnti, la falsa ed illudente volgare potentissima e la vera ed incorruttibile occulta agiscono sul discepolo come due calamite uguali ed apposte su di un ferro messo ad eugual distanza dalle loro braccia. Se non che il pezzo di ferro non ha volontà e messo a distanza uguale tra le due forze non si muove. Ma il discepolo ha una volontà che il maestro non gli deve mai sopprimere, e questa volontà lo spinge un po’ verso la prima e un po’ verso la seconda, in modo che l’animo del discepolo, fino al suo trionfo o alla sua caduta, è in orribile tormento tra il credere alla promessa della luce e il sentirsi attrarre dal demonio della corrente comune”.
Per l’esoterista il problema si propone in termini esistenziali. Il serpente offre lo scettro del potere, la corona della vanità o il miraggio del successo, e si finisce per passare la vita, nel migliore dei casi, in un vago sogno di possibilità, contraddizioni, impegni e rinunce, “occupandosi” o “interessandosi” di scienze occulte. Esattamente ciò che vuole il guardiano della soglia.
Il fenomeno ricorda un po’ l’abitudine di coloro che amano praticare regolarmente la critica sistematica di tutto e di tutti senza mai iniziare un’opera di rinnovamento concreto che possa produrre una svolta qualificativa prima di tutto in se stessi. L’esoterista “per hobby”, curioso o superficiale, spesso viene travolto da una diffusa tendenza qualunquista e livellatrice, che tenta di colpire e svilire i più puri e sacri valori tradizionali e iniziatici, calunniandone i maggiori esponenti, stravolgendone i contenuti, estrapolando riferimenti episodici di difficile interpretazione da un programma chiaro e inequivocabile, diffondendo dubbi, falsità, menzogne, per potersi costruire l’alibi che gli consenta di affermare che non vale la pena di impegnarsi, di costruire, lavorare, crescere e cambiare; e quindi rimanere felicemente inserito in un avvolgere e protettivo recinto-sistema di rassicurante mediocrità.
Si rendono d’obbligo a questo punto alcune parole conclusive che intendiamo proporre ricorrendo ancora una volta a due brani rivolti a tutti gli studiosi di discipline esoteriche, tratti dagli scritti di due autentici adepti, il cui pensiero luminoso sovrasta incontaminato la corrosione del tempo e “le fauci del Drago”: “… credete alle Iniziazioni per quel che sono. Due o tre società di studiosi che si suppone posseggano questo arcano, non danno che l’iniziazione al neofito. Iniziare vuol dire cominciare. Initium, principio. Nessuno dà fine…”
“Solo un’anima sincera, della tempra adamantina, può affrontare eroicamente la suprema prova della Verità Ardente e spingersi con purità d’intento sulla soglia, del Tempio: la freccia d’Amore trafiggerà la morte, e il sacro Guardiano si farà da parte”.