L'uomo e la sua ombra

Riflessioni di “quasi” fine secolo su di una presenza sempre inquietante:
di F. R.
Alle soglie del 2000, in piena civiltà tecnologica ed in una sempre più evidente ed assurda inciviltà del vivere associato, si fanno frequenti da varie parti e da vari “pulpiti”, i richiami alla presenza, nella nostra vita, del nemico antico, del Tentatore, in una parola, del diavolo. Dagli interventi di papa Wojtyla sull’argomento, alle pratiche degli esorcisti laici o religiosi nelle più sperdute compagne o nelle città, spesso la nostra attenzione, attraverso i mass-media, viene richiamata su questa presenza, reale o presunta, che se ne starebbe lì, sempre in agguato, pronta a carpire, come un tempo, l’anima o ad incantare, con le sue subdole arti, tutti coloro che hanno bisogno di lusinghe e allettamenti di vario tipo, il potere, il denaro, il sesso, e chi più ne ha, più ne metta.
Fino a poco tempo fa, a livello planetario, per consenso di molti, il diavolo, o almeno, una sua personificazione, regnava al di là del muro di Berlino ed estendeva il suo potere assoluto fino alle estreme regioni dell’Asia. Anche se, da tempo, aveva indossato panni più moderni ed assunto atteggiamenti più “disponibili”, nei confronti della santa civiltà occidentale, quello che abitava da Berlino a Vladivostok restava, comunque, il Nemico per eccellenza, l’avversario che, da un momento all’altro, avrebbe potuto scatenare sull’intero pianeta ogni genere di nefandezza.
I muri, come sappiamo, sono crollati con grande frastuono, e il diavolo e le sue legioni sono stati messi in fuga per sempre. O almeno, così sembrava fino a quando, in un paese che un tempo vide fiorire la civiltà di Babilonia, il diavolo, o forse un suo emissario, con legioni in realtà più “scalcinate” ma, all’apparenza, terribili, ha tentato un estremo “colpo di coda” costringendo il Resto del Mondo a coalizzarsi e a partire per una crociata definitiva e un duello degno delle migliori tradizioni epiche e delle più recenti disfide calcistiche internazionali capaci di mobiliare orgoglio, sacrificio, abnegazione e risorse multimiliardarie. Risultato: 1 a 10 per il Resto del Mondo, o forse, la cosa è ancora da stabilire con precisione, 1 a 1, dato che l’emissario del diavolo vive e regna, ancora in contrasto, su un paese distrutto, affamato, lacero e pieno di tombe con dentro migliaia di donne, bambini, vecchi indifesi. Comunque, anche se non eliminato, il Maligno, a questo punto, appare definitivamente circoscritto… e ciò è un’innegabile sicurezza.
Tripudio, pace, silenzio ma…per un attimo! Poi, un bisbiglio comincia a diffondersi nelle stesse terre dei vincitori per farsi voce sempre più insistente, addirittura vox pupili autorevolmente confermata dal potente o dall’esperto di turno: attenzione, attenzione, il Nemico è fra di noi ed è tempo che abita qua! Anzi non è uno solo, sono molti e i loro nomi sono miseria, sfruttamento, inquinamento, droga, emarginazione, Aids, sopraffazione, mafia, multinazionali, politici corrotti, indifferenza, cinismo… A questo punto, la solita vox populi o il lettore, potrebbero, di diavoli, scoprirne altri cento in cento secondi. Allora, pover’uomo, come la mettiamo?

Realtà del Maligno
Visto e considerato, quindi, che da sempre ad ogni latitudine, nella metropoli tumultuosa come all’ombra del monastero più inaccessibile, l’uomo ha sempre avuto accanto questa presenza inquietante, dall’aspetto proteiforme e sfuggente, resterebbe da sciogliere l’amletico (ma non troppo) dubbio se il maligno abbia realtà e vita autonoma oppure sia una diretta filiazione dell’uomo, comparsa, inevitabilmente, fin dalle età più remote. Non entro in questioni di ordine teologico che non mi competono anche perché, alla fine, si risolvono, e non può essere diversamente, in ambito “religioso”, in un atto di accettazione fideistica o di negazione, sempre su basi di credenza e certezza interiori.
Penso, però, che alcuni dati certi, a favore della realtà e presenza del Maligno fra di noi siano inconfutabili. Tali dati sono desunti dal campo di indagine che mi è più proprio e cioè dalla psicologia analitica.Si tratta, per l’occasione, di due sogni e ce ne sarebbe un numero incredibile di simili, animali dal “perturbante” per eccellenza; ecco il testo del primo sogno: “Fuggitivo con un ragazzo salendo un ripido pendio erboso. Prima che arrivassi sull’altopiano… da sinistra, sul pianoro, comparve il diavolo. Mi vide, si avvicinò e mi disse che presto avrebbe avuto a che fare con me. Mi fermai e, a metà fra il ricevente e il provocatorio, osservai: lo so, ma se capita una volta sola e se ne esco vivo… Il diavolo si mise a ridere e disse che ci sarebbe stata ancora qualche gioia sparsa qua e là.
Indossava una veste araba lunga e scura, il volto era di un marrone scurissimo¸ma quando si lisciò la veste, fra le pieghe comparvero tutti i colori. Su una guancia aveva una macchia rosso cinabro: io lo percepii come un marchio a fuoco, come il ragno nero”.
Questo sogno, con il suo evidente carico di angoscia e di particolari tenebrosi è stato trovato tra le carte di un uomo di trenta anni, intelligente, sano, e di successo in campo commerciale. Il sogno risale ad un viaggio di lavoro in Medio Oriente. Di lì a poco, il giovane trovò la morte nel deserto arabico, in seguito ad un incidente aereo. Il sogno, quindi, è un tipico esempio di sogno annunciatore di morte, in linea con molti altri sogni del genere che, per via precognitiva o simbolica avvertono gli uomini che si stanno avvicinando al temine della loro vita.
Quello che colpisce, però, nel sogno del giovane uomo di affari, oltre ai simboli del marchio a fuoco e del ragno nero, che si riferiscono al motivo della madre terrificante, è, senza dubbio, la presenza del diavolo. Se a ciò si aggiunge il fatto che, prima di partire, il giovane aveva disegnato un serpente gigantesco con la testa sollevata sopra di lui, in atteggiamento chiaramente minaccioso, il quadro diventa più completo. Le immagini interne mettevano in guardia il giovane da un pericolo incombente che egli volle, comunque, affrontare (il viaggio in aereo) quasi con atteggiamento di sfida (nel sogno ha un tono fra il riverente e il provocatorio nei confronti del diavolo). Il serpente e il diavolo, quali rappresentazioni della Grande Madre divoratrice, e, probabilmente, immagini amplificate e deformate della madre reale, ebbero il sopravvento; un diavolo terribile, quindi, era dentro di lui ed era stato partorito dal suo inconscio.
L’altro sogno è la manifestazione onirica anticipatoria di una grave nevrosi ossessiva: l’uomo in questione, fece, per ben due volte, il sogno all’età di sedici anni. Ecco il testo: “Egli (il sognatore parla dell’uomo visto in sogno) cammina per una strada sconosciuta. E’ buio: ode dei passi dietro di sé. Cammina più in fretta, un po’ impaurito. I passi si avvicinano e la sua paura cresce. Comincia a correre. Ma i passi sembrano raggiungerlo. Infine si volta e vede il diavolo. Nella sua angoscia morale salta in aria e vi rimane sospeso”.
In questo sogno, il diavolo appare, in modo inequivocabile, come una variante dell’archetipo dell’Ombra, cioè dell’aspetto pericoloso dell’oscura e irriconosciuta metà dell’uomo. Come dicevo, l’autore di questo sogno, finì, in età adulta, per sviluppare una grave nevrosi ossessiva, anticipata, appunto, da questa esperienza onirica giovanile. Il diavolo, dunque, si manifesta come Ombra o Doppio persecutorio e angosciante che costringe ai rituali ripetitivi con i quali, nella nevrosi ossessiva si cerca di esorcizzare, evitare, emarginare il male che sia in fondo, che non si lascia integrare nella personalità e che la conoscenza non vuole riconoscere.
Ho riportato questi due sogni perché, mi pare, esemplifichino con plasticità di immagini e chiarezza di riferimenti simbolici i termini del problema diavolo così come si è venuto configurando, nel tempo, almeno per l’uomo occidentale. I nostri meccanismi di proiezione ci fanno individuare continuamente un Nemico, un’ombra, il diavolo appunto, con sempre maggiore frequenza nella realtà esterna, nella società, nelle sue forme di organizzazione, nelle personalità pubbliche, perfino nei vicini di casa o in qualcuno che vive all’interno di essa, nel tentativo di non volere entrare in contatto profondo con il diavolo, con l’Ombra che è dentro di noi. Se non ascoltati, questi diavoli e queste ombre, prima o poi, si ribellano e riescono a spuntarla sull’Io e la coscienza “allagandoli” spesso in modo devastante e irreparabile, dando luogo alla scissione della personalità e, successivamente, alla follia.
Ma perché questo diavolo, quest’Ombra, sono dentro di noi? La risposta più ovvia potrebbe essere quella che fa leva sui limiti stessi della natura umana e sulla non perfezione della stessa. Certamente è così, è anche così nel senso che la cultura cristiana, fin dalle origini, ha provocato, in Occidente, l’accentuazione di questo stato di cose. Nel mondo occidentale, infatti, la cultura religiosa imperniata sulla figura moralmente ambigua di Yahwèh ha effettuato un primo slittamento di significato approdando ad un Dio totalmente buono e simbolo di luce, confinando tutto il Male nel diavolo. Questo processo di slittamento non si è, però, fermato qui: il cristianesimo, messo in allarme dal dualismo manicheo, nel tentativo di preservare il monoteismo come caratteristica principale, ha compiuto un’ulteriore operazione; nell’impossibilità di negare le tenebre e il male, ha trovato nell’uomo l’unico responsabile, costringendo a introiettare la figura del diavolo; a questo punto era logico che ne conseguisse che omne bonum a Deo, omne malum ab nomine.
L’uomo occidentale: quindi, è rimasto con questo pesante fardello sulle spalle, anzi, nell’inconscio, e a niente valgono i tentativi di rimozione; l’inconscio non si fa ingannare e, periodicamente, espelle un diavolo che non gli appartiene, un’ombra che, dal profondo assale l’Io ricordandogli che si è identificato con una determinata funzione e ha trascurato gli altri elementi della personalità che, alla fine, vogliono riconquistare il loro spazio vitale e quasi “irrobustiti” e potenziati dal lungo sonno al quale l’Io e la coscienza li hanno costretti, aggrediscono con violenza l’intera personalità frantumandola, come nei casi di schizofrenia.
Anche quando non si giunge a questi limiti estremi, però, come abbiamo visto all’inizio, è facile, per chiunque, restare vittima dei contenuti negativi dell’inconscio collettivo.

Riconoscere e convivere con l’Ombra
Contrariamente a quanto è avvenuto in Oriente (si pensi, ad esempio, alla dea Kali, dispensatrice di vita di morte) dove le divinità hanno mantenuto la loro originaria ambiguità e paradossalità morale, nel mondo occidentale la vittoria del cristianesimo ha impedito di riconoscere pienamente che l’irrazionale è una funzione psichica necessaria, perché sempre presente, e che i suoi contenuti sono reali ed operanti con come realtà concrete ma come, e la cosa è ancora più importante, realtà psichiche.
Negare questa realtà corrisponde a negare la fragilità e la limitatezza umana; non a caso Krishnamurti ebbe ad affermare: “Ci vuole vulnerabilità per affrontare la vita, e non la rispettabile muraglia della virtù che ti imprigiona”.
Ecco, quindi, che l’Ombra deve essere prima riconosciuta e, successivamente, integrata nella personalità; Faust deve accettare il Mefistofele che è in lui e ascoltare e riconoscere come propri i messaggi che sono frutto di tutte quelle parti quali i desideri, il corpo, la trasgressione che possono metterlo in contatto profondo con il diavolo. Solo così, sarà possibile, alla fine trovare, invece che l’Avversario, un amico. 

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